Dopo tre risultati utili consecutivi ed il pareggio strappato all’Inter a San Siro, Walter Zenga prosegue nell’obiettivo salvezza per il suo Crotone, in vista della sfida casalinga del prossimo weekend con l’Atalanta. L’allenatore ed ex portiere, intervistato dal Corriere dello Sport, ha parlato innanzitutto della sua personale esperienza tra i pali: “La prima dote che deve avere un portiere é essere sempre se stesso, indipendentemente da tutto quello che gli accade intorno. Perché puoi fare una grandissima parata e un secondo dopo ti può passare la palla in mezzo alle gambe, senza neanche che te ne accorgi. Un buon portiere deve anche dare sempre il senso di totale controllo, quasi proprietario, dell’area di rigore. L’area di rigore è mia, è casa mia e per farmi gol devi inventarti qualcosa sennò ragazzo passa alla prossima partita. Non penso che possa esserci un portiere senza carattere”.
L’argomento si sposta sulla nazionale italiana, per ricordare un ciclo di risultati importanti ottenuti con il compianto Azeglio Vicini come CT: “Quella Nazionale, impostata a metà anni ottanta da Vicini, perse la finale Under 21 ai rigori. Nell’88 agli Europei fummo eliminati 2-0 in semifinale contro l’Unione Sovietica, che avevamo battuto tre mesi prima 4-1 in un’amichevole. Ai mondiali del ‘90 giocammo sette partite, ne vincemmo sei e ne pareggiammo una sola. Cosa voglio dire con questo? Che con un briciolo di fortuna quella Nazionale dall’86 al ’90 poteva veramente vincere gli Europei Under 21, Europei e Mondiale. Essere un po’ la Spagna del 2000. Non è un gol in più o in meno che determina una situazione. Mi dispiace per quel gol di Caniggia perché non mi ha consentito di permettere ai miei compagni di finire un’altra partita imbattuti. Ed arrivare così alla finale di un Mondiale con sei partite vinte e con la porta immacolata. Avremmo giocato a Roma davanti a novantamila persone e la storia sarebbe stata bellissima”.
Si passa quindi alle figure che durante la sua carriera lo hanno ispirato ad intraprendere il percorso attuale dopo la fine della sua carriera da calciatore: “Quando a vent’anni incontri un personaggio come Nedo Sonetti non puoi non restare ammaliato. Poi all’Inter passi da Trapattoni a Bagnoli per poi finire a Eriksson alla Sampdoria e, infine, a Thomas Rongen negli Stati Uniti. E poi Vicini, in nazionale. Sono loro quelli che più mi hanno fatto crescere e più mi hanno insegnato. Con Materazzi, a Padova, non c’è stato proprio rapporto invece”
L’ultima esperienza in Serie A si è conclusa alla Sampdoria con un esonero e qualche rammarico ancora oggi presente: “E’ una cosa che ho ancora dentro perché arrivassi oggi alla Sampdoria probabilmente sarebbe diverso. E non mi riferisco al presidente Ferrero: quando io arrivai lui era al primo anno da presidente. Ma mi riferisco a me stesso. Voglio fare una confessione: io dopo quell’esonero sono andato a Al-Shaab, esonerato anche lì dopo cinque mesi per motivi che esulavano dai risultati. Da quel momento ho lavorato tantissimo su me stesso per cercare di smussare, di migliorare me stesso in riferimento agli altri: il rapporto con la società, con il presidente, con i tifosi, il porsi nelle conferenze stampa, il poter essere credibile con me stesso. Ci ho lavorato tanto»
Al momento però Zenga non ha obiettivi a lungo termine per il suo Crotone: “La mia fissa è quella della prossima partita. Non riesco a guardare più in là del match di sabato. Il campionato italiano è talmente tanto livellato, tanto strano che puoi anche fare cinque sei risultati di la ma puoi anche perdere tre o quattro partite di la. Non si può dire facciamo la corsa sulla Spal, sul Genoa, sul Cagliari. Se ti concentri solo su te stesso non devi dipendere dagli altri e non dipendere dagli altri è una grandissima cosa”.
Tiene banco anche il recente passato della Figc, arrivata al commissariamento dopo un periodo di caos legato alle elezioni: “Intanto ringrazio pubblicamente Billy perché ha parlato del Crotone dicendo ‘Ho visto una squadra con dieci italiani e uno straniero giocare bene a calcio’. A mio modo di vedere il problema del calcio italiano non riguarda solo l’allenatore della nazionale. Puoi scegliere anche l’allenatore più bravo che c’è ma se non guardi la base, la piramide non sarà mai solida. Ecco perché sono contento che ci sia Billy, che ci sia Bernardo Corradi. Sono ex calciatori e sanno come intervenire. Per esempio con le seconde squadre”
Chiusura sulle grandi prospettive che hanno molti dei ragazzi allenati attualmente da Zenga a Crotone, che può vantare tra i migliori giovani del campionato: “Abbiamo una media età bassa, adesso abbiamo preso Zanellato dal Milan, abbiamo preso un giocatore dal Paris Saint Germain, uno ha vent’anni e l’altro diciannove anni. Ricci, Mandragora, Crociata, Barberis stesso che ha ventiquattro anni. Tutti giocatori che hanno la possibilità di sviluppare una loro carriera futura. Devono avere l’ambizione di fare qualcosa di grande. Devono avere il coraggio di rischiare di fare qualcosa di grande. Se ognuno di loro si accontenta di giocare in serie A sbaglia, deve sempre pensare più in alto perché l’ambizione, senza arroganza, è quella che ti fa andare avanti. È fondamentale che questi ragazzi capiscano una cosa: devono vivere per il calcio, non devono far sì che il calcio gli permetta di vivere. E’ una differenza molto sottile, ma fondamentale”.