Nella decima giornata di Serie A, sotto il diluvio di Reggio Emilia, Nicola Sansone condannava la Juventus alla quarta sconfitta dall’inizio del campionato. Una Juventus campione d’Italia e finalista di Champions League, che poche settimane prima aveva alzato anche la Supercoppa contro la Lazio. Una Juventus trasformata nel profondo, negli uomini e soprattutto nel carattere. Confusa, disattenta, incapace di tenere il passo di Inter, Napoli e Roma, già a +11 dopo due mesi. “Vedere la propria squadra così fa male all’anima” disse Buffon nel post partita. “Questa maglia merita rispetto”, aggiunse Evra. Probabilmente è stato quello il momento in cui, nelle teste dei giocatori bianconeri, è scattata la scintilla. Bagno di umiltà, ammissione di “colpa” e ritiro punitivo. E situazione che, nel giro di due mesi, cambia radicalmente.
I numeri e le statistiche di dicembre vedono una Juventus di nuovo agguerrita, così come è stata in tutto il 2015. Non è la squadra che comanda il campionato e non si sa se lo diventerà dopo le prossime gare; Inter, Fiorentina e Napoli la guardano ancora dall’alto,come è normale che sia dopo un avvio tanto negativo. La quantità di punti recuperata, però, unita ai miglioramenti che si sono visti sul campo in tutti i reparti sono la fotografia del momento della squadra di Massimiliano Allegri. Il successo contro il Carpi nell’ultima gara del 2015 ha permesso ai bianconeri di vincere la settima partita consecutiva in Serie A e di portarsi a soli tre punti dalla capolista Inter. Bottino pieno, 21 punti in sette gare, solidità in difesa, equilibrio a centrocampo, certezze (e più gol) in attacco. Graduale e lenta, ma inarrestabile. Una rincorsa che vale il salto dal 12° al 4° posto e la voglia di non fermarsi, dopo aver ritrovato le certezze degli ultimi anni ed aver scoperto nuove e fondamentali pedine.
Grandi meriti vanno dati all’allenatore, che ha creduto nei suoi mezzi e in quelli dei suoi ragazzi quando quasi tutti erano pessimisti. Allegri ha cambiato, ha anche sbagliato, ma ne è uscito a testa alta e con convinzioni rafforzate. Ha ritrovato la sua difesa, guidata dal solito Buffon che fa sempre la differenza, in campo e fuori, cosa che non è affatto scontata. Quando gli infortuni gli hanno dato tregua ha costruito un nuovo centrocampo, senza Pirlo e Vidal. E ha saputo gestire la “questione Dybala”: così come aveva fatto con Morata un anno fa, non si è lasciato influenzare da voci e polemiche esterne, ha lavorato per far esplodere l’argentino che ha poi trovato in Mandzukic (anche lui in grande crescita) il partner ideale. Tre protagonisti principali a cui vanno aggiunti gli altri, fondamentali interpreti – da Cuadrado a Pogba, da Alex Sandro a Khedira – e una squadra unita e matura, che ha negli occhi non più lo smarrimento di Reggio Emilia ma la cattiveria delle ultime stagioni.
Tre trofei nazionali da difendere dopo dodici mesi quasi perfetti. Tre lunghezze che dividono la Juventus dalla vetta, al termine di un anno solare che ha portato con sé sorprese, cambiamenti, scommesse (non sempre vinte) e nuove garanzie. Il bilancio di dicembre consegna alla Serie A una squadra che si è risollevata dopo il peggior avvio di campionato della sua storia e che si prepara ad affrontare il 2016 con voglia e ottimismo. Si continuerà a procedere passo dopo passo, senza perdere lucidità, come vuole proprio Allegri. Nel mirino ora c’è l’Hellas Verona dell’ex Delneri, nelle aspettative di tutti una lotta per il primo posto che si fa più avvincente che mai.