La Coppa d’Africa, il riconoscimento di miglior giocatore del torneo e il Milan alla finestra. A 21 anni ci si può prendere tutto, avere il mondo ai piedi, a maggior ragione se con questi sei in grado di dipingere traiettorie uniche, farci numeri da capogiro. Ismael Bennacer è francese di seconda generazione, nato nel 1997 da mamma algerina e padre marocchino. Una lunga trafila nelle nazionali giovanili dei Blues, Under18 e Under19. Nove presenze in totale, prima di scegliere le Volpi del Deserto.
Riscoprire le proprie origini per conquistare la ribalta: partire dal basso e guardare gli altri dall’alto. In fondo, così c’è più gusto. Regista moderno, veloce e tecnico, capace di adattarsi con facilità a schemi e soluzioni differenti, può ricoprire con ottimi risultati anche il ruolo di mezzala. Ricorda Lucas Torreira e non c’è da sorprendersi se abbia sedotto Marco Giampaolo.
Una manciata di apparizioni in League2, con l’Arles-Avignon bastano per conquistare i Gunners. Viene integrato nella formazione Under23, gioca la Youth League e in prima squadra si vede solo una volta, in coppa di Lega, nella sconfitta per 3-0 contro lo Sheffield Wednesday.
Quando sbarca a Londra ha appena 16 anni: “La mia vecchia squadra era sul punto di presentare istanza di fallimento, e io, sotto il profilo sportivo, non avevo alcun motivo di rimanere in Francia. Le difficoltà riguardavano, invece, l’aspetto personale”.
A fennecfootball.com racconta il trasferimento inglese e il distacco dalla famiglia: “Adattarmi è stato complicato, per fortuna c’era mia moglie”. Il provino in pieno Ramadan: “Non ero preparato, ma andò bene lo stesso. Mi sponsorizzò Gilles Grimandi, un collaboratore di Arsene Wenger. Mi chiamò e si soprese appena gli dissi di essere svincolato. Pensava mi volesse il Manchester City”. Le qualità sono evidenti, bisogna avere pazienza.
Torna in Francia, ancora Serie B, il 31 gennaio 2017. L’ultimo giorno del mercato invernale va in prestito al Tours: seguiranno sedici presenze e la gioia del primo gol tra i professionisti. Due mesi e mezzo più tardi, al cospetto del Sochaux gonfia la rete e avvia la rimonta. Perdevano 1-0, vinceranno 3-1. La scalata è ufficialmente iniziata. L’Empoli lo nota e bussa alla porta dell’Arsenal, Bennacer firma un quadriennale e ripota i toscani in A, dopo appena un anno di purgatorio. Trentanove partite e due gol, sotto porta non si vede molto, ma per Andreazzoli rimane inamovibile.
Siamo alla scorsa stagione: cambiano i palcoscenici, non la sostanza. Il talento si sta affinando, il 19 agosto entra al posto di La Gumina: dieci minuti a Cagliari, poi altre 37 apparizioni e quattro assist. Non fa gol, ma accende le fantasie di mercato e riempie i taccuini degli osservatori, Milan in testa. Primo secondo Opta per numero di palloni recuperati (312), si dimostra una garanzia anche in fase di non possesso, nonostante con 175 centimetri non sia esattamente un gigante.
In Italia il suo futuro tiene banco e anima l’estate, lui non ci bada, vola in Egitto e trascina l’Algeria alla vittoria della Coppa d’Africa, la seconda nella storia delle Volpi del Deserto. Se nelle qualificazioni si era visto di rado, qui è protagonista assoluto: non realizza gol, ma non esce mai dal campo.
Fa ciò che gli riesce perfettamente, ispira i compagni e diventa il miglior calciatore del torneo: man of the match in due gare del girone eliminatorio contro Kenya e Senegal, in finale è il suo genio ad accendere Baghdad Bounedjah per il gol decisivo. Krunic lo aspetta a Milanello: “E’ fortissimo. In quel ruolo ho giocato con gente del calibro di Paredes e Pjanic, lui può raggiungere gli stessi livelli”. Gli ha fatto eco Manuel Pasqual: “Ormai è maturo, pronto al salto”.
Investiture importanti, responsabilità che non spaventano. Un tweet per celebrare il successo di ieri sera: ringraziamenti per tutti, le mani giunte e un pensiero ad Allah: “Se dio vuole il futuro sarà ancora più brillante”. La religione rimane ancora da cui non si prescinde, come quando durante Sassuolo-Empoli, sotto di un gol, Andreazzoli lo beccò intento a pregare nello spogliatoio: “Sono entrato per lavarmi le mani, l’ho visto e sono uscito subito. Era un momento intimo e non me la sono sentita di interromperlo”. Certe volte anche il campo può aspettare, questione di priorità.
A cura di Nanni Sofia