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Data: 29/03/2019 -

Aquilani, andata e ritorno: "Roma è tutto. Io, Liverpool e l'amatriciana di mamma"

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Siamo andati a 'casa' di Alberto Aquilani, nuovo presidente della Spes Montesacro, la società dove ha iniziato a giocare. Dalla Roma alla Fiorentina, da Totti a Gerrard, il 'no' all'Arsenal e gli infortuni: "Mi hanno tarpato le ali". Tutti i ricordi del 'Principino'
Siamo andati a 'casa' di Alberto Aquilani, nuovo presidente della Spes Montesacro, la società dove ha iniziato a giocare. Dalla Roma alla Fiorentina, da Totti a Gerrard, il 'no' all'Arsenal e gli infortuni: "Mi hanno tarpato le ali". Tutti i ricordi del 'Principino'
Alberto Aquilani è un sorriso d’istinto quando si parla di Roma, gli occhi bassi quando ricorda gli infortuni: “Mi hanno tarpato le ali”. Una luce mentre rivede il gol nel derby grazie a una fotografia, o la 10 della Nazionale incastonata alle sue spalle: “Italia-Montenegro 2-1, 2008, prima doppietta con gli azzurri”. Una delle tante maglie regalate a papà Claudio, finita in un quadro appeso al muro nel bar della Spes, società in cui è cresciuto: “Sono tornato a casa".

C’è anche quella dell’esordio in A contro il Torino nel 2003, quando l’arbitro Pieri prolungò la sfida di un minuto: “Mi disse che non avrebbe fischiato la fine finché non avessi toccato il pallone. Un grande gesto, in questo mondo c’è anche umanità”

LA ROMA DI ALBERTO AQUILANI

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Aquilani guarda in alto e legge i nomi sulle maglie: Ibrahimovic, Del Piero, Gerrard, Zanetti, Nesta, Totti. “Grandi campioni, presto ci sarà anche quella di De Rossi”. Con dedica, come le altre: “Compagno di tante battaglie”. I bambini alzano gli occhi e sognano, guardano più in alto e vedono i trofei. Due Coppe Italia e una Supercoppa: “So’ pure pochi, ti dico la verità”. Vinti da protagonista con la Roma, 'regazzino' prima e uomo poi: “Ogni tanto prendo uno dei miei e gli chiedo se gli piacerebbe vedere la sua maglia su quel muro. Deve essere uno stimolo. Non voglio scovare talenti, ma formare ragazzi dalla scuola calcio”

Alberto è diventato il presidente della Spes Montesacro (società di Roma Nord), è tornato a casa e vive ancora vicino al campo, come quand’era ragazzo: “Ho iniziato qui, voglio continuare in questa veste. Era la squadra del mio quartiere, sono tornato indietro di 30 anni e ne sono fiero”.

Guarda fuori dalla finestra e vede il ‘muretto’ dove calciava il pallone, sempre lì: “Dagliela bene, lui te le ridarà perfetta. È stata la mia filosofia”. Nella città della sua vita, nella squadra del suo cuore, prima che arrivasse la Roma, come racconta in esclusiva su Gianlucadimarzio.com: “Dovevo scegliere tra Roma e Lazio. Tempestilli disse a mio padre di andare a Trigoria per firmare. Il cuore decise per me”. 

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Principino come Giannini, da giovanissimo rifiuta il Chelsea e l’Arsenal di Wenger: “Ci parlò mi padre, lo chiamava spesso”. Meglio la Roma. Gli chiediamo di sintetizzare tutto in 5 immagini ma non ci riesce: “So’ poche, te ne potrei dire 50!”. Partiamo dalla ‘rabona’ di San Siro: “Gesto istintivo, di classe, fortunatamente Totti riuscì a segnare".

Poi i trofei, o il derby delle 11 vittorie di fila con un guizzo dl 'Albe'. L’abbraccio a Totti è nella storia: “Uno dei giorni più belli della mia vita”. Poi il primo gol in A e la Champions.

Infine Spalletti: “Mi ha insegnato tutto, mi faceva giocare e mi ha dato fiducia, lo ricordo con affetto”. Quando insistiamo su Totti sorride di nuovo: “Era quello che noi avremmo voluto essere, ho avuto anche la fortuna di conoscerlo e di averlo come amico. Lo metto al primo posto, l'affetto va oltre”. 

UN'AMATRICIANA A LIVERPOOL

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Il 2009 è l’anno della svolta, conosce la sua futura moglie - l’attrice Michela Quattrociocche - e saluta Roma per la prima volta: “È stato difficile. Sarei andato in Inghilterra, in una città fredda, un cambiamento importante, ma ho giocato con giocatori incredibili. Torres, Mascherano, Kuyt”. Sorride e ricorda Gerrard: “Uno dei più grandi con cui ho giocato. Il fatto che ci fosse lui incise moltissimo, non lo nascondo, è un campione”

Quando parla del trasferimento torna serio: “Ogni anno ricevevo offerte importanti, dissi no all’Inter e alla Juve, ma con la Roma declinavamo tutto”. Fino al Liverpool: “Quell’anno ero infortunato, la Roma aveva problemi economici e doveva fare una cessione importante. Io e Vucinic avevamo diverse offerte, ando così”.

20 milioni sul tavolo: “Non giocavo da mesi, mi ero fatto male, tutto faceva pensare che la mia avventura a Roma fosse arrivata al capolinea. Furono costretti a vendermi, ma non mi ha cacciato. Ci tengo a ribadirlo”. 26 gare e 2 reti il primo anno, un’esultanza speciale raccontata da una foto.

Gli aneddoti migliori tenuti alla fine: “Avevo 23 anni, ero giovanissimo, mia madre veniva su e cucinava l’amatriciana. C’era anche Macheda, giocava nello United e ci trovammo lì. Erano le nostre rimpatriate romane, parlavamo in dialetto, eravamo felici”. Davanti a un piatto di pasta.

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