C’è anche quella dell’esordio in A contro il Torino nel 2003, quando l’arbitro Pieri prolungò la sfida di un minuto: “Mi disse che non avrebbe fischiato la fine finché non avessi toccato il pallone. Un grande gesto, in questo mondo c’è anche umanità”.
LA ROMA DI ALBERTO AQUILANI
Aquilani guarda in alto e legge i nomi sulle maglie: Ibrahimovic, Del Piero, Gerrard, Zanetti, Nesta, Totti. “Grandi campioni, presto ci sarà anche quella di De Rossi”. Con dedica, come le altre: “Compagno di tante battaglie”. I bambini alzano gli occhi e sognano, guardano più in alto e vedono i trofei. Due Coppe Italia e una Supercoppa: “So’ pure pochi, ti dico la verità”. Vinti da protagonista con la Roma, 'regazzino' prima e uomo poi: “Ogni tanto prendo uno dei miei e gli chiedo se gli piacerebbe vedere la sua maglia su quel muro. Deve essere uno stimolo. Non voglio scovare talenti, ma formare ragazzi dalla scuola calcio”.
Alberto è diventato il presidente della Spes Montesacro (società di Roma Nord), è tornato a casa e vive ancora vicino al campo, come quand’era ragazzo: “Ho iniziato qui, voglio continuare in questa veste. Era la squadra del mio quartiere, sono tornato indietro di 30 anni e ne sono fiero”.
Guarda fuori dalla finestra e vede il ‘muretto’ dove calciava il pallone, sempre lì: “Dagliela bene, lui te le ridarà perfetta. È stata la mia filosofia”. Nella città della sua vita, nella squadra del suo cuore, prima che arrivasse la Roma, come racconta in esclusiva su Gianlucadimarzio.com: “Dovevo scegliere tra Roma e Lazio. Tempestilli disse a mio padre di andare a Trigoria per firmare. Il cuore decise per me”.
Principino come Giannini, da giovanissimo rifiuta il Chelsea e l’Arsenal di Wenger: “Ci parlò mi padre, lo chiamava spesso”. Meglio la Roma. Gli chiediamo di sintetizzare tutto in 5 immagini ma non ci riesce: “So’ poche, te ne potrei dire 50!”. Partiamo dalla ‘rabona’ di San Siro: “Gesto istintivo, di classe, fortunatamente Totti riuscì a segnare".
Poi i trofei, o il derby delle 11 vittorie di fila con un guizzo dl 'Albe'. L’abbraccio a Totti è nella storia: “Uno dei giorni più belli della mia vita”. Poi il primo gol in A e la Champions.
Infine Spalletti: “Mi ha insegnato tutto, mi faceva giocare e mi ha dato fiducia, lo ricordo con affetto”. Quando insistiamo su Totti sorride di nuovo: “Era quello che noi avremmo voluto essere, ho avuto anche la fortuna di conoscerlo e di averlo come amico. Lo metto al primo posto, l'affetto va oltre”.
UN'AMATRICIANA A LIVERPOOL
Il 2009 è l’anno della svolta, conosce la sua futura moglie - l’attrice Michela Quattrociocche - e saluta Roma per la prima volta: “È stato difficile. Sarei andato in Inghilterra, in una città fredda, un cambiamento importante, ma ho giocato con giocatori incredibili. Torres, Mascherano, Kuyt”. Sorride e ricorda Gerrard: “Uno dei più grandi con cui ho giocato. Il fatto che ci fosse lui incise moltissimo, non lo nascondo, è un campione”.
Quando parla del trasferimento torna serio: “Ogni anno ricevevo offerte importanti, dissi no all’Inter e alla Juve, ma con la Roma declinavamo tutto”. Fino al Liverpool: “Quell’anno ero infortunato, la Roma aveva problemi economici e doveva fare una cessione importante. Io e Vucinic avevamo diverse offerte, ando così”.
20 milioni sul tavolo: “Non giocavo da mesi, mi ero fatto male, tutto faceva pensare che la mia avventura a Roma fosse arrivata al capolinea. Furono costretti a vendermi, ma non mi ha cacciato. Ci tengo a ribadirlo”. 26 gare e 2 reti il primo anno, un’esultanza speciale raccontata da una foto.
Gli aneddoti migliori tenuti alla fine: “Avevo 23 anni, ero giovanissimo, mia madre veniva su e cucinava l’amatriciana. C’era anche Macheda, giocava nello United e ci trovammo lì. Erano le nostre rimpatriate romane, parlavamo in dialetto, eravamo felici”. Davanti a un piatto di pasta.
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