Dal rapporto con lo spogliatoio, alla mentalità di gioco, per poi passare al coraggio infuso da Fonseca… in attesa di un 2020 brillante. In un’intervista esclusiva per asroma.com, Gianluca Petrachi ha raccontato i suoi primi mesi in giallorosso.
“Stiamo lavorando tanto, ma c’è ancora tanto da fare. Dobbiamo continuare su questa strada e migliorare. In questi mesi, però, ho capito che qui c’è terreno fertile per lavorare. Qui c’è la possibilità di fare e di incidere nello spazio di azione che ognuno di noi ha per le proprie competenze. E questo per me è molto importante”, ha esordito il direttore sportivo arrivato a Roma lo scorso giugno dopo la lunga esperienza al Torino.
“Quando sono arrivato tanti giocatori già presenti avevano la voglia e l’entusiasmo di iniziare una nuova stagione e di cambiare: molti di loro cercavano una svolta, perché venivano da un anno difficile. Chi non condivideva questo sentimento è andato via. Chi credeva nel nuovo progetto che stava nascendo è stato tenuto. I nuovi, poi, sono stati valutati a livello umano e tecnico, servivano tutte persone con voglia e con entusiasmo. Avevamo bisogno di ragazzi che vedessero la Roma come un punto di arrivo, non come un posto di passaggio. Dopo la partita pareggiata a Genova contro la Sampdoria c’è stato un lungo confronto tra noi. In quel momento penso che si sia fortificato il nostro gruppo. In quel momento sono usciti fuori i veri valori dello spogliatoio. I ragazzi hanno iniziato a dare le risposte che cercavamo”.
LEGGI ANCHE: Roma, buone notizie per l'anno nuovo: il punto sugli infortunati
Il rapporto con Fonseca
Nella 'Roma che vorrei', Fonseca ha poi trovato il giusto posto, un’ottima mentalità di gioco, e un buon rapporto tra spogliatoio e allenatore: “Fonseca mi ha catturato. La sua filosofia di calcio sposa totalmente la mia. Ti aiuta a giocare a calcio per divertirti. Ti toglie di dosso lo stress della prestazione. Vuole il possesso, il recupero immediato, il dominio dell’avversario: il coraggio te lo infonde veramente, è inevitabile. La vera forza di Paulo è stata la capacità di adattamento. E l’invenzione di Mancini a centrocampo ne è la testimonianza. Ha poi dato fiducia a dei calciatori della nostra rosa che non giocavano, ad esempio Pastore e Santon, e loro lo hanno percepito, ripagandolo con le prestazioni sul campo".
E su Bruno Peres, che si è aggregato al gruppo giallorosso svolgendo l’allenamento insieme ai compagni, ha sottolineato: "Lui sa giocare a calcio. Deve ritrovare quella fame, quell’umiltà che forse ultimamente aveva perso. La mia idea condivisa con Paulo è di dargli una seconda chance, perché a tutti si concede nella vita. Deve ritrovarsi come uomo. Tutti possiamo sbagliare. Se crescessimo dal punto di vista dell’autostima arriverebbe la consapevolezza di potercela giocare con chiunque”.
Il mercato di gennaio
Ma che requisiti deve avere un calciatore per attirare l’attenzione di Gianluca Petrachi? “La grande personalità e l’umiltà. Sono due fattori fondamentali. Il giocatore presuntuoso e che viene a fare il fenomeno non potrà mai venire alla Roma”, ha spiegato, prima di catapultarsi proprio sul mercato invernale: “Credo che il mercato di gennaio sia sempre di riparazione e non di rivoluzione. Non è semplice. Noi crediamo moltissimo nel nostro gruppo. E credo che a gennaio ci saranno pochi movimenti. Poi se qualcuno, poco contento, vuole cercarsi qualche chance per andare a giocare da un’altra parte, lo prenderemo in considerazione. Leggo molti nomi in attacco ma lo dico chiaramente: noi siamo contenti di Kalinic, è un calciatore che si sta ritrovando e lo notiamo giorno dopo giorno in allenamento. Siamo convinti che nel girone di ritorno ci darà tante soddisfazioni. I nomi che si fanno non sono veri perché Nikola non è sul mercato”.
Nel frattempo si avvicina il match contro il Torino, sua ex squadra, imbattuto nelle ultime tre trasferte di campionato. “Ho vissuto nove anni bellissimi. Ho dato tanto per il Toro, mi sono invecchiato anche fisicamente lì perché tenevo tantissimo a quei colori. Ed è stata una grande scuola. Aver vissuto quelle difficoltà ti aiuta per far bene in una piazza come Roma. Lì ho lasciato tanti giocatori e sarà emozionante rivederli. Dopodomani, però, subentrerà la professionalità. Se sono venuto qui è anche per i sentimenti che la tifoseria della Roma mi dava da avversario. Mi veniva la pelle d’oca e mi immaginavo cosa potesse trasmettere da giocatore o da dirigente”.
LEGGI ANCHE: Fonseca: "Sono felice a Roma, ho ritrovato una squadra motivata"