Cambiare una stagione con un tocco, Simone Inzaghi alla Lazio ci è riuscito spesso. Sono passati cinque anni dal 3 aprile 2016, l’inizio di un nuovo ciclo a Palermo dopo quelli vissuti in biancoceleste da giocatore e allenatore nelle giovanili.
Tre trofei lo hanno reso in questo lustro il più vincente della storia capitolina dietro solo a Eriksson, la guida del secondo Scudetto. Senza dimenticare la qualificazione agli ottavi di Champions League vent’anni dopo l’ultima volta.
Inzaghi, in attesa del rinnovo, ha conquistato i tifosi non solo per il suo legame indissolubile con il club, ma anche per le sue scelte in panchina. O in smart working come il Coronavirus lo ha costretto nell’ultima trasferta vinta a Verona.
Lì dove tra i migliori in campo, come ormai da diverse giornate a questa parte, si è messo in mostra Adam Marusic. L’ultima intuizione di Simoncino che, oltre ai tanti giovani fatti esordire, in questi anni si è preso la scena per i tanti esperimenti riusciti.
Dopo gli esordi con il 4-3-3, il 3-5-2 è oggi un marchio di fabbrica della Lazio inzaghiana. Tra due giornate saranno addirittura 200 le partite giocate con questo modulo, nessuno in Italia ha una striscia più lunga dopo che Gasperini proprio a Verona lo scorso marzo è passato alla difesa a quattro.
Simone Inzaghi ha cambiato spesso ruoli, mai il modulo. Lo ha fatto anche con l’esterno montenegrino, rinato prima sulla sinistra e poi da terzo di difesa.
Arrivato alla Lazio nel 2017 dall’Ostenda, era diventato un oggetto misterioso tra continui problemi fisici e prestazioni incolori. Tanto che, con il contratto in scadenza il prossimo giugno, nella Capitale molti prendevano con una risata gli apprezzamenti da Parigi di Leonardo e del suo PSG.
Il mondo ora si è ribaltato e Marusic è diventato un elemento imprescindibile per la Lazio, grazie a una continuità di rendimento impressionante e anche un paio di perle, come i gol segnati a Marsiglia nel 2018 in Europa League o a Bergamo quest’anno in Serie A. In stagione il 28enne ha saltato una sola partita per un totale di oltre 3000 minuti. Soltanto Acerbi gioca di più.
Rinascita iniziata lo scorso anno a Napoli con l’assist per il gol che permise a Ciro Immobile di laurearsi Scarpa d’oro e proseguita da fine settembre, quando a sinistra ha riempito il vuoto lasciato dagli infortuni di Lulic e Fares. Poi, a sorpresa, la nuova svolta nella gara d’andata contro il Bayern Monaco. Fuori Musacchio dopo il regalo per il vantaggio di Lewandowski e dentro Lulic con l’arretramento di Marusic sulla linea dei difensori. Posizione ricoperta anche al ritorno più Spezia e Verona con la nonchalance di chi lì sembrava sempre aver giocato.
Sorte simile è toccata anche a Patric. Lo spagnolo è partito da terzino in una linea a quattro, il ruolo ricoperto a La Masia con il Barcellona B. Ha giocato all’occorrenza da ‘quinto’ (termine sdoganato nel vocabolario italiano neanche a dirlo da Inzaghi) e poi si consacrato da terzo di difesa.
Duttilità che l’allenatore ex Primavera ha chiesto a tanti giocatori durante la sua gestione. L’esempio più riuscito Luis Alberto. Il fantasista spagnolo ha vissuto un ambientamento difficilissimo e pensato addirittura di lasciare il calcio. Prima della doppia svolta. Nel 2017/18 da seconda punta, grazie al feeling con Immobile, segna 12 gol, la miglior stagione in carriera. A inizio 2019 invece, per trovare spazio a tutte le sue stelle in campo, Inzaghi gli fa fare un passo indietro: mezzala e regista offensivo della squadra. I risultati? Per referenze guardare il dato sugli assist della scorsa Serie A, un altro record. Due ruoli tra cui quest’anno sta provando a muoversi Andreas Pereira, dopo che a gennaio 2020 anche Joaquin Correa a Brescia abbassò il suo baricentro.
Chi, con Simone Inzaghi, aveva completato il suo percorso evolutivo era già stato Keita Baldé Diao. Non più ala d’attacco, ma seconda punta nel 3-5-2 al fianco di Immobile o addirittura unico riferimento offensivo. Con tanto di gol pesanti, come nel preliminare d’andata con il Leverkusen del 2015 o grazie alla doppietta nel derby di ritorno con la Roma della stagione successiva.
La lista, in realtà, è lunga tra idee emergenziali spesso diventate una visione a lungo termine e altri esperimenti soltanto provvisori. Lucas Leiva, a partita in corso, è stato adattato anche da difensore. Destino comune a Marco Parolo, uno che negli ultimi mesi a 36 anni è diventato un tuttofare: centrocampista, esterno di destra, braccetto di difesa o perno centrale tra i tre. Un esempio di abnegazione (LA STORIA). Un po’ come Stefan Radu o Senad Lulic, un altro che negli anni da terzino, mezzala ed esterno destro o sinistro di ruoli ne ha fatti tanti.
Per sfruttare la sua prestanza fisica e le qualità nel gioco aereo, Milinkovic ha giocato spesso anche a ridosso della punta. Dall’inizio come durante la trasferta in Champions League a San Pietroburgo e soprattutto nei minuti finali delle partite.
Qualcuno ha anche deluso: Felipe Anderson e Jony, oggi al Porto e in prestito all’Osasuna, da quinti non sono riusciti ad assimilare i compiti difensivi. L’eccezione che conferma la regola. Nella Lazio che vince da quattro giornate di fila e lotta per tornare in Champions League c’è sempre il tocco di Simone Inzaghi.
Un finale epico per il derby calabrese tra Cosenza e Catanzaro: il racconto di un…
Le scelte ufficiali di Dionisi e Longo per la sfida del Barbera Non solo in…
Immaginate se 3 o 4 mesi fa vi avessero detto che il Manchester City avrebbe…
I nerazzurri vincono contro la capolista e si portano a -3. "Non ci sono aggettivi"…
Raspadori, attaccante del Napoli (IMAGO) Continuano i contatti sull'asse Napoli-Juventus per il calciomercato: Danilo e…
Sul classe 1999 c'è l'interesse della squadra allenata da Di Francesco Il Venezia pesca in…