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​I guantoni di un ex attaccante. Ivan Lanni: “Le mie ambizioni, l’Ascoli e quella volta con i dipendenti in difficoltà…”

Il destino alle volte si forma per caso. Ivan era un bambino di 7 anni e con gli amici si divertiva a giocare a calcetto, e soprattutto si divertiva a fare gol: sì, avete capito bene. Li segnava da attaccante. “Poi quando ne avevo 10 mancava un portiere…”, ed ecco che oggi quel bambino – che di cognome fa Lanni – quel ruolo non l’ha più lasciato. ‘Muro’, ‘saracinesca’, aggettivi per descriverlo. Quelli spesso usati dai tifosi, sui social magari, perché un soprannome non l’ha mai avuto. E non chiamatelo ‘bandiera’: “No, sei una bandiera quando smetti di giocare a calcio”. Niente di più lontano dal suo presente all’Ascoli. Insieme da tre anni e per altri tre ancora. Almeno. Perché a gennaio, ecco il rinnovo fino al 2020: “Ci è voluto pochissimo per trovare l’accordo – ha raccontato ai microfoni di gianlucadimarzio.com – c’era la voglia da entrambe le parti di continuare insieme. L’Ascoli ha il suo progetto e io le mie ambizioni. Qui è cambiata la mia carriera. Per quello che sono diventato, devo tutto a questa società, a questa piazza e ai miei compagni. Rappresentano un pezzo importante della mia carriera, anzi il più importante”. E il momento più bello di questi tre anni? “La salvezza della scorsa stagione”.

Che poi è anche l’obiettivo di oggi. Guantoni, dicevamo. Sì, ma anche cuore. In campo e fuori. Come quando insieme ai compagni ha aiutato i dipendenti in difficoltà di un’azienda del piceno, l’Ecoservice: “Li vedevamo sempre, erano sulla strada che facevamo per andare al campo d’allenamento. Abbiamo visto degli striscioni su cui c’era scritto che non prendevano lo stipendio da 10-11 mesi. E intanto si avvicinava il Natale… Siamo riusciti ad aiutarli e ci ha fatto un grosso piacere”. Un aiuto, economico, da parte della squadra che ha sentito di dover fare qualcosa di concreto per quelle persone in difficoltà. “Pensavamo a come potevano trascorrere la cena della vigilia, alla loro voglia di fare un regalino ai nipoti”. Come un gol, lontano dal campo. O una parata, di quelle importanti, nel caso di Lanni.

Tornando al campo, ne ha fatte diverse decisive in stagione. L’Ascoli lunedì ha fermato il Verona sullo 0-0 (“Con cattiveria e voglia di non perdere siamo riusciti a portare a casa questo punto”), e prima aveva rallentato anche la Spal. “Queste sono gare che danno tante motivazioni”. Ma la sua miglior partita? “Contro lo Spezia, nonostante il mio errore e la sconfitta”, ne è sicuro Lanni. Uno che per ruolo non può dedicare un gol, ma dopo una parata decisiva quanto, se non più di una rete pensa “alla mia famiglia, alla mia ragazza che sono le prime persone che sento dopo la partita”.

Quelli che sente prima e durante, invece, sono i cori dei tifosi per i quali è ormai un idolo: “Anche quando andiamo fuori casa non siamo mai da soli. Ci sono sempre, nel bene e nel male”. E il pensiero poi ritorna al primo che gli hanno dedicato in un Ascoli-Reggiana di Lega Pro: “E’ un’emozione che solo chi fa questo mestiere può immaginare. Sono fortunato, ricevere un coro prima dell’inizio della partita ti dà carica e una grande responsabilità ma te la fa affrontare in un modo diverso”. Insomma, la curva sud ‘m’arusta furia’, come si dice in dialetto ascolano. ‘Mi piace troppo’. Idolo. Come lo è stato Marcello Grassi, portiere della storica prima promozione dell’Ascoli in Serie A, che Lanni ha incontrato l’anno scorso.

Per la stagione in corso l’obiettivo è la conferma in B che inevitabilmente passerà anche dalle sue parate. E forse che doveva diventare un portiere era scritto, visto che è nato ad Alatri, cittadina che ha visto nascere anche altri due numeri uno oltre lui: “Con Mangiapelo ci ho giocato insieme un anno a Grosseto. Con Iannarilli, invece, giocavamo contro fino a due anni fa ma è da quando avevamo 14 anni che ci siamo sfidati, quando io ero alla Roma e lui alla Lazio”. Un luogo, Alatri, che certamente è nel suo cuore e che fa sì che quelle contro il Frosinone non siano mai delle partite come le altre: “Quando abbiamo giocato lì c’era tutta la mia famiglia, la mia ragazza e i miei amici del Frosinone in curva. Tornare nella propria città e giocarci contro ti dà quella tensione in più perché comunque torni sempre a casa. Sì, è una partita diversa dalle altre”.

Difficile definirlo, Lanni. Uno che preferisce far parlare sempre il campo. Leader silenzioso? “La parola leader non mi piace. Diciamo che sono uno che cerca di dare i consigli ai più giovani, sono quello che magari scherza anche quando le cose vanno male”. Un numero uno orgoglioso dello spogliatoio “sereno e compatto” dell’Ascoli. Un portiere le cui ambizioni coincidono con il progetto della sua società. Uno che i gol ha smesso di farli quando ha iniziato a evitarli. Come? Con i suoi guantoni e le sue parate.