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Calciosofia – Cristiano Ronaldo: il preferito di Heidegger e il profeta del sublime

“L’accostamento fra filosofia e pallone è tanto affascinante quanto inevitabile. Il calcio è molto più di un semplice sport, e come tale va trattato. Noi ci divertiamo così: a far sporcare le mani – e i piedi – alla filosofia, facendola parlare di calcio. Con semplicità, rispetto e un pizzico d’ironia. Perché, come dice Mourinho, “chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”

Heidegger era un buon calciatore. E no, non parliamo del lichtensteinese (ma esiste questa parola?) Armin Heidegger, mediocre punta del Eschen/Mauren, ma proprio di Martin, il filosofo. Da giovane non era molto considerato: il fratello Fritz – molto più ironico e istrione – lo oscurava. Martin si consolava passando giornate lunghissime sotto il campanile di Messkirch giocando a calcio con i suoi amici, facendo su e giù sulla fascia sinistra. Il mito di Heidegger – nonostante il ruolo – era Beckenbauer: in lui vedeva qualcosa di geniale.

Se però il filosofo fosse vissuto ai giorni nostri, probabilmente il suo calciatore preferito sarebbe stato Cristiano Ronaldo. Il giocatore più heideggeriano di tutti, che esprime meglio la condizione dell’uomo che il filosofo tedesco ha delineato. E pure il ruolo è simile: ala sinistra Heidegger, ala sinistra Ronaldo. Anche se i presupposti sono praticamente agli antipodi. Per il filosofo, l’uomo è praticamente “gettato nel mondo”, perché l’esistenza è come se gli fosse imposta senza la sua volontà, senza che lui abbia scelto. Per Ronaldo è diverso, è stato lui a decidere di lasciare il Manchester United per approdare al Real Madrid. Non “gettato” in una realtà che non desiderava o immaginava, ma protagonista del suo destino.

Però poi arrivano le analogie, perché Ronaldo ha trovato un Real scarico, quasi ombra di quello che aveva trionfato in passato. Un po’ la condizione della metafisica prima dell’arrivo di Heidegger: condanna l’esistenza dell’“oblio dell’essere” che avvolge la storia della filosofia, almeno fino al suo arrivo risolutore. Dalla dimenticanza dell’essere alla dimenticanza della vittoria il passo è breve: Ronaldo è arrivato in Spagna in un momento piuttosto difficile del Real, e si è preso la responsabilità di portare le merengues fuori da questo oblio. E la decima vinta da protagonista ne è la più bella dimostrazione. Per Heidegger poi una volta compreso il senso più autentico del proprio essere, l’uomo può vivere in maniera vera: il filosofo dice che allora si arriva a vivere-per-la-morte, come accettazione della propria finitezza. E più che propria finitezza, Ronaldo è diventato davvero un fuoriclasse quando ha accettato la propria condizione di trascinatore e colonna del Real: così ha cominciato a essere sempre più decisivo e a vivere-per-la-vittoria.

E oltre ad essere determinante, Cristiano Ronaldo è semplicemente un piacere per gli occhi. In molti guardano le partite del Real solo per lui, per vedere che cosa si inventerà di nuovo, cosa tirerà fuori dal cilindro. Ma la verità è che Ronaldo non è bello. Almeno, non nel senso classico. Perché questo bello è improntato al valore dell’armonia, della proporzione e dell’equilibrio. Nel 1700 Winckelmann dirà che il bello classico è “nobile semplicità e quieta grandezza”.

Si può dire di Messi e della sua classe, ma Ronaldo è un’altra cosa: né semplice né quieto. Ma se il portoghese non è bello, allora cos’è? Kant direbbe che è sublime. Il sublime è qualcosa di diverso dal bello: innanzitutto è un’esperienza che deriva dal conflitto fra sensibilità e ragione. È il sentimento che deriva da due cose: dall’assolutamente grande e incommensurabile e dallo spettacolo dei grandi sconvolgimenti naturali che suscitano nell’uomo il senso della sua fragilità. Sublime matematico e sublime dinamico. Ronaldo è entrambi i tipi di sublime. I suoi numeri sono spaventosi, a partire dai più di 500 gol segnati in carriera in tutte le competizioni.

E recentemente si è aggiunto un altro record: è il primo calciatore ad aver segnato 30 gol in sei stagioni consecutive. Sono numeri difficili da cogliere con la ragione, e davanti ad essi è come se si provasse una sensazione di immensa grandezza: il sublime matematico. E l’altro tipo di sublime si può paragonare ad una tempesta: il nostro animo è scosso non dalla vastità del fenomeno, ma dalla sua enorme potenza. Davanti a qualcosa di così grande, proviamo un misto di ammirazione e disagio. L’ammirazione è quella degli spettatori, rapiti da un giocatore devastante che fa sembrare facili le cose difficili, e compie tutto ad una velocità disarmante, impossibile per gli altri umani. Proprio come una tempesta, che annienta tutto. Per il disagio e la sensazione di finitezza, basta chiedere ai difensori del Wolfsburg e a chi lo marca ogni domenica. Probabilmente risponderanno come farebbe Kant: Ronaldo è sublime.

Luca Mastrorilli