“Italia, mi manchi!”. Pato a cuore aperto: “Io, rinato tra cadute e risalite. Milan nel cuore, sogno la Seleção”
Il cuore dice “sette” anche se ha il dieci sulle spalle. Trasmette, emoziona, sussurra. Non mente: “L’Italia è la mia seconda casa, un po’ mi manca”. Il cuore dice… “allora?”. Ci pensa: “Tornare? Mai dire mai…”. Il cuore ti conosce, sa cosa ti serve e lo sa in ogni momento: “Tornai in Brasile per guarire, fu la decisione giusta al momento giusto”. Consiglia, ti sprona. Lancia l’idea. Ti spinge a provare nuove sfide perché forse è arrivata l’ora, il giorno, la chance: “Adesso i miei gol parlano per come sto”. Il cuore, sì. Che poi è come la testa. Conta tutto. E solo lui ti aiuta a risalire, a voltare pagina, a credere in te stesso quando il mondo non lo fa: “Ho sempre guardato avanti. Sempre”. Perché qualcuno, in passato, ha pensato che “Alexandre Pato non avrebbe più giocato bene”. Che quegli scatti, quei guizzi e quel gol stile-Barcellona non ci sarebbero più stati. E invece no. Chiedere al Guangzhou e ai suoi difensori, saltati come dei birilli per una rete che ricorda quel famoso squillo in Champions League: “Bello, vero?”. Come le sue lacrime: “Eh sì, in quel momento, con quel gol, ho capito di essere tornato forte come ai tempi del Milan”. Conta il cuore, conta la testa, conta crederci. E Pato non molla, completamente ritrovato nel Tianjin di Cannavaro. Finalmente di nuovo a suo agio, di nuovo Pato. Quello vero. Lui, la Cina e i pensieri. Il suo cuore che si apre e infine racconta, tra “cadute e risalite” di una carriera ancora viva. Tutto in esclusiva su gianlucadimarzio.com. Col 10 sulle spalle. Anche se il cuore, romantico com’è, nostalgico da pazzi, dice ancora “sette”.
RICOMINCIARE
“E ora… dove sono?”. Probabilmente la sua avventura in Cina è iniziato un po’ così: “Spaesato”. In un paese dove le città sono enormi, gli spostamenti lunghi e il cibo è differente: “Ho avuto un impatto particolare”. Ora, però, le cose sono cambiate: 12 gol, 2 assist e una continuità ritrovata col Tianjin. Merito di un…tatuaggio sulla mano? Pato sorride: “Davvero emblematico, il leone rappresenta tutti gli sforzi, l’impegno, la lotta, le cadute e le risalite di tutta la mia vita. L’ho fatto da poco, proprio in un momento particolare della mia carriera”. Pochi segreti: “Lavorare duro, lavorare duro, lavorare duro. E stare bene con se stessi. Ho raggiunto un’ottima condizione fisica e mentale”.
DISCOVERY CHINA
Un compleanno da protagonista: “Ho appena compiuto 28 anni, l’età giusta per guardare le cose in un’altra prospettiva”. Discovery China: “Ricordo i miei primi giorni – racconta Pato – la lingua, le città enormi, le grandi distanze, tantissima gente ovunque e le dinamiche differenti di rapporti e relazioni”. Tutto cambia poi: “A poco a poco ho capito che qui c’è tutto per far bene. Si respira la voglia di crescere tutti insieme, non solo nel calcio ma in tantissimi settori. La vita quotidiana poi viene da sé. Sono un tipo molto curioso, voglio sempre conoscere a fondo i luoghi in cui ho la fortuna di vivere”. Niente divano quindi: “Nel tempo libero viaggio, visito i monumenti, cammino, mi informo, uso moltissimo i social network cinesi. E faccio di tutto per conoscere la cultura (e la cucina!) cinese nel miglior modo possibile”. In campo dà spettacolo, sarà merito di Cannavaro? “E’ un Campione del Mondo. Avevo ammirazione per lui da calciatore e devo ammettere che sono contento di poter averlo come allenatore in questa esperienza cinese, mi sta aiutando molto. E’ preparato, si vede che ha imparato dai migliori. E anche i miei compagni cinesi guardano a lui come a un simbolo. Ha uno staff tecnico praticamente tutto italiano e questo aiuta. Un giorno lo vedo come allenatore della nazionale italiana!”.
RICORDI E SAUDADE
Arriviamo al Milan:
sei anni, 150 presenze, 63 gol, uno Scudetto e una Supercoppa Italiana. Arrivò
a Milano da ragazzino, con l’apparecchio ai denti e uno sguardo un po’ spaesato.
Esattamente come in Cina. Se ne andò con un saluto a
Milanello tra le lacrime e la convinzione che qualcosa è andato storto: “Magari
alcune cose potevano andare diversamente”. Un peccato, forse. Per
Pato, per il Milan, per la Serie A, per il calcio. Perché è chiaro che in un universo parallelo è andata come doveva andare. Anche se i bei momenti
superano la malinconia: “Ho tantissimi ricordi, impossibile sceglierne uno
solo. Non scorderò mai i primissimi giorni a Milanello e lo Scudetto, ma anche i
tantissimi campioni come compagni e i rapporti di amicizia che ho iniziato lì e
che ancora porto avanti”. Infiniti: “Quando sono arrivato ero adolescente e
c’era una colonia brasiliana, ero in famiglia! Negli anni sono stato molto
legato a Kakà, Ronaldinho, Emerson, Thiago Silva, ma anche agli italiani come
Gattuso e Maldini”.
UN PAPERO ANCORA AMATO
E i tifosi ancora lo amano, tant’é che quando i rossoneri
gli hanno regalato una maglia col suo “sette” hanno preso d’assalto il suo
profilo: “Il Milan mi ha inviato la sua nuova maglia, io ho
postato la foto e il mio Instagram è stato bombardato di messaggi. Sono felice
per tutto questo affetto”. Mai dimenticato, lui. Forse per quel gol al Napoli
nel giorno dell’esordio, con Ancelotti in panca: “Mi ha voluto in quel Milan
stellare e gli sarò sempre riconoscente. Ho avuto un rapporto molto stretto con
lui, gli auguro il meglio”. Stesso discorso per il Cavaliere: “Sono molto
grato al Presidente Berlusconi per aver sempre creduto in me. E’ una
persona eccezionale”. Pato ha seguito il mercato rossonero e dice la sua: “Non conosco
personalmente Mirabelli e Fassone, ma penso che abbiano fatto una buonissima
squadra e sicuramente il Milan sarà protagonista del campionato”. Proprietari
cinesi, nel loro paese che si dice? “E’ molto particolare vedere come il Milan
abbia tantissimi tifosi qui in Cina, questo grazie alle vittorie e ai campioni
dei 30 anni di Berlusconi, e ora proprio il Milan ha dei proprietari cinesi.
Questo genera curiosità e molte aspettative”.
ANDATA E RITORNO (?)
Per aspera ad astra, e viceversa. Pato dice addio e torna in Brasile, spiegandone i motivi: “Di testa avevo un po’ di smarrimento, sentivo di aver perso la fiducia e ho deciso di tornare per avere una differente preparazione fisica, recuperare la condizione e di conseguenza la fiducia in me stesso”. Corinthians e San Paolo per rinascere: “Da lì è ripartito tutto. L’affetto dei tifosi non mi è mai mancato ed è stato un grande supporto. Ho ricominciato a segnare, a vincere e sono tornato in Europa”. Male al Chelsea però: “Non è andata come speravo, ma non per colpa mia”. Meglio al Villarreal: “Stavo facendo bene, giocavo con regolarità e avevo un buon feeling coi compagni”. Infine la Cina. Ma…domanda secca: “Se il Milan chiamasse, diresti di sì? Non lo so, ma in Italia tornerei. Mi mancano molti aspetti della mia vita “italiana” e per fortuna ci torno un paio di volte l’anno. Ora gioco in Cina, sono molto felice e ho un contratto di tre anni. Ma nel calcio mai dire mai. Guardate cosa è successo a Paulinho…”. Saudade.
SOGNO NAZIONALE
Porte sempre aperte, anche se il sogno di Pato adesso è un altro: “La Selecao!”. Nell’ottobre 2013 l’ultima presenza (Zambia), mentre l’ultimo squillo è di circa un mese prima, contro l’Australia. Dopo la Confederations del 2009 e la Copa America del 2011, “Ale” vuole essere nuovamente protagonista: “La Nazionale è sempre stato un sogno e ora è tornato a essere anche un obiettivo concreto. Nel calcio attuale ci può essere spazio anche per chi, come me, non gioca in Brasile o in Europa. E ci sono diversi esempi che lo dimostrano. Lavoro sodo per questo, spero tanto di poter tornare a vestire la maglia del Brasile molto presto”. Per ora va benissimo: “Pato è tornato”. Lo dice il cuore.