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VIDEO | Di Francesco-Montella, avversari-amici: “Per me come un fratello”

Quasi vent’anni di amicizia, un legame profondo. Rosso… e giallo. Ma anche azzurro. Dall’Empoli alla Roma, con una fermata speciale a Milano: qui, domani, Eusebio Di Francesco e Vincenzo Montella si incontreranno per la decima volta da quando siedono in panchina. Avversari, certo. Ma solo per 90′. “È veramente un fratello per me. Per quello che è stato il nostro passato e il nostro vissuto. Ma non solo qui a Roma, nasce da più lontano, dai tempi di Empoli dove siamo stati giovani e ragazzini e con poca possibilità di andarci a comprare una maglia o un vestito. Queste difficoltà, ci hanno fatto crescere insieme, facendo mantenere il nostro rapporto negli anni. Come si suol dire, nel calcio non esistono amici: io invece assicuro che ho tanti amici, tra cui Vincenzo che è un fratello per me”, ha detto in conferenza stampa il tecnico giallorosso. Poche parole, quante ne bastano per dare voce a un’emozione. Forte, come l’amicizia che li unisce. Amici ma anche soci: ad Empoli hanno aperto perfino una boutique insieme. Stesso… stile, stesse idee portate avanti con la medesima eleganza. Un tassello in più di un puzzle iniziato proprio in Toscana, con la maglia azzurra: 21 anni Eusebio, 16 Vincenzo.

Al primo sguardo, è subito intesa. Tra consigli, aiuti preziosi e scherzi sani. Da uomini. “Essendo più piccolo di me, a quei tempi lo costringevo spesso a portarmi la borsa”, dichiarò in passato Di Francesco. Poi le strade che si dividono, il pallone che rotola a chilometri di distanza. Non abbastanza, però, da separare due fratelli. Nel 1999 di nuovo parte della stessa famiglia, con il Colosseo a fare da sfondo. Legame sempre più profondo. Rosso… e giallo. Le difficoltà? Superate insieme. Sempre dalla stessa parte, sempre l’uno accanto all’altro: Vincenzo ed Eusebio, Eusebio e… ‘Piangelli’. Già, perché a quei tempi per Di Francesco, Montella si lamentava troppo: “lo avevo iniziato a chiamare ‘Piangerelli’, perché si lamentava continuamente del fatto che giocava poco. E allora lo prendevo in giro ma per carità: come giocatore è sempre stato fortissimo”. Fondamentale. Soprattutto nel riportare a Roma lo scudetto. Il marchio di fabbrica? Il gol e… le battute. “Siamo stati in camera insieme per due anni, ha una capacità di essere ‘scugnizzo’ ed ironico nello stesso tempo. Questo lo contraddistingue, è un suo punto di forza anche ora che è allenatore. E’ uno sempre con la battuta pronta, ha una grande capacità di interazione, sa comunicare anche dentro lo spogliatoio. Ma nello stesso tempo è bravo nel saper adattare al meglio le qualità dei suoi giocatori, sapendo cambiare il sistema di gioco ma mantenendo salda la sua filosofia. Che è quella di giocare sempre e cercare di far male agli avversari”, ha assicurato in conferenza stampa il tecnico della Roma. Domani, a San Siro toccherà a loro accendere le luci. Un abbraccio all’inizio, 90′ da avversari e poi di nuovo a ridere e scherzare insieme. Come ai tempi di Empoli, come ai tempi vissuti con cucito addosso il colore giallo…rosso. Profondo quanto il loro legame.

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