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La Roma, l’addio al calcio e la rivincita: “Grazie Teramo”. Persia si racconta

Il centrocampista classe ’98 racconta la sua storia per gianlucadimarzio.com: “Avevo deciso di andare a lavorare nell’azienda di mio padre”. L’incontro con Federico Giampaolo gli cambia la vita: “Gli devo tutto. Adesso è tempo riconquistare ciò che avevo perso”

Una strada già tracciata, un destino segnato. Angelo Persia immaginava una carriera diversa. Amore e sacrifici verso quel pallone, con il sogno di giocare in Serie A. Da considerarsi un predestinato al non crederci più. Difficile se a 12 anni ti trasferisci a Roma e guardi da vicino l’idolo Francesco Totti.

“Mai mollare”, spesso una frase di circostanza, o un modo per ricominciare a crederci. Questione di punti di vista. Persia ci racconta il suo per gianlucadimarzio.com: “Giocai un’amichevole a Trigoria, e l’osservatore della Roma Stefano Palmieri mi fece firmare un quadernino dove c’erano tutte le firme dei ragazzi scelti da lui”. Una firma pesantissima. Il biglietto che gli apre le porte della Roma: “Mi chiamarono qualche giorno dopo dicendomi che l’anno successivo sarei diventato un calciatore della Roma”. Persia ci svela che i suoi amici non ci credevano: “Quando lo dissi ai miei compagni di classe pensavano scherzassi”.

Invece no, il sogno ha inizio. Un percorso ad ostacoli, fino all’arrivo dell’infortunio: “Non si riusciva a capire cosa avessi, non si riusciva a trovare un rimedio. Era una situazione angosciante”. Solare, sorridente, si definisce così il classe ’98, che in quel periodo perse il sorriso: “Sono stati mesi tremendi, non potevo fare nulla”. Cosa ricordo? La sensazione di impotenza”. Distacco della cartilagine del nucleo di accrescimento al bacino: ecco l’infortunio che gli cambia la carriera. Quando viene scoperto è ormai troppo tardi: “La Roma non mi ha aspettato. Chiamarono mio padre e gli dissero che non sarei dovuto tornare a Trigoria”. Poi aggiunge: “Me l’aspettavo, ma ci rimasi lo stesso malissimo”. Per lui non arriva nessuna offerta. Persia riparte dalla Vigor Perconti: “Mi trattavano tutti benissimo, ma era come passare dalle stelle alle stalle. Mi sono dovuto rimettere in gioco da zero”.

Angelo ritorna a casa, ad Avezzano, quella casa che aveva lasciato da bambino con tanti sogni nel cassetto: Chiesi a mio cugino che giocava lì se poteva chiedere al Ds di farmi fare un provino”. Risultato? “Bastò una partita, mi presero subito”. Un anno difficile, complicato. Persia è ancora molto giovane e la Serie D può rappresentare un boomerang: “A marzo decisi di lasciare. Non mi trovavo più in campo”.

E’ il momento più brutto della sua carriera, peggiore anche rispetto all’infortunio. Sullo sfondo l’addio al calcio: “Volevo smettere ed andare a lavorare nell’azienda di mio padre”. Poi in estate… “Mi ha richiamato il presidente dell’Avezzano, io ero indeciso”. Tutto cambia grazie a Federico Giampaolo: “Gli devo tutto, mi ha cambiato la carriera”. Un legame speciale, che si riflette anche nelle prestazioni: “E’ una persona speciale sia come uomo che come allenatore. Ti fa giocare con tranquillità, aiuta a migliorarti dandoti i consigli giusti. E uno di quello che ti entra dentro”. Cosa ricordo? “Quando ci siamo salutati a fine anno. Lui mi disse che avrebbe fatto di tutto per tenermi ancora, ma che non si sarebbe opposto ad un mio salto di categoria. Per me è come un padre calcistico”.

Finalmente il ritorno tra i professionisti. Arriva il Teramo: “Una trattativa nata grazie al mio procuratore ed il rapporto con Sandro Federico Ds del Teramo”. Cosa vuol dire per me Teramo? “Quando ho firmato ho ripensato a quando stavo per lasciare. Grazie al Teramo ho ricominciato a credere nel mio sogno”. Poi ci svela: “Vedere calciatori che stavano con me a Roma e avrebbero dovuto giocare in A, e trovarli ora in eccellenza o in D, e pensare al mio percorso e a quanto ho dovuto lottare è molto appagante”. Adesso per Persia è il momento della rivalsa: “Voglio raggiungere la salvezza con il Teramo, sono sicuro che possiamo farcela”. Obiettivi personali? “Prendermi qualche rivincita, e provare a riconquistarmi quel che mi è stato tolto”.

Il suo motto, ci confessa, è “non mollare mai”. Aveva un sogno sin da bambino Angelo: giocare in Serie A. L’elettrocardiogramma della sua carriera è stato tutt’altro che piatto. Adesso chissà magari quel sogno, un giorno, potrà ancora realizzarsi.