Qui Bisceglie, c’è…mister Mancini: “Mi è tornata la voglia di allenare, possiamo andare oltre la salvezza”
“Salve, mister Mancini?”. Detto così, chissà che effetto fa dall’altro capo del telefono: “Roberto è una brava persona, che stimo tanto: ma al di là del cognome io mi sento un operaio del calcio. La carriera è una conseguenza del momento, non si costruiscono assolutamente con i sogni”. L’allenatore del Bisceglie che consolida la sua risalita di nome fa Gianfranco e da un mese e mezzo condivide con Giuseppe Alberga la panchina nerazzurra dopo l’addio con Nunzio Zavettieri. Nove punti in sei partite e squadra rilanciata in decima posizione, l’ultima utile per rincorrere il treno playoff. Una prospettiva ignota fino all’inizio del mese di febbraio, quando Mancini era “solo” il responsabile del settore giovanile. Una prospettiva abbracciata dal 2011, quando aveva lasciato la panchina del Castellana dopo alcune esperienze tra i dilettanti con Carpi, Bellaria, Centese e San Lazzaro: “Nel mio piccolo qualche risultato l’ho ottenuto, ho allenato molto giovane anche in serie D lontano dalla Puglia in Emilia Romagna – spiega Mancini a gianlucadimarzio.com – in Puglia vinto qualche campionato di Promozione, chi lavora in questo ambiente è valorizzato e ripagato solo dai risultati”. Come quella salvezza alla guida del Polimnia, formazione di Polignano, sua città natale, in Eccellenza con un manipolo di giovani: “Che annata indimenticabile: Polignano è la città in cui vivo e la soddisfazione fu grande”.
Con i giovani, Mancini ha lavorato con Ancona, Spal e Udinese, diventando anche coordinatore interregionale dell’Academy friulana. “Ho portato tanto con me di quell’esperienza, ho capito ancor più da vicino come viene sviluppato il calcio a certi livelli” ricorda. Alla chiamata del Bisceglie, però, non ha risposto subito di sì: “Quando il presidente Canonico e i direttori Melillo e Belviso mi hanno detto quali erano le loro intenzioni, in un primo momento ho detto di no, perché stavo bene nel mio ruolo di responsabile del settore giovanile, però il presidente ha insistito tanto e ho accettato. Me la gioco con determinazione”. Talmente tanta che è rimasto solo un filo di voce dopo il 2-2 rimediato domenica a Trapani: “Mi scusi per il tono basso, ma è lavoro” scherza. Torna serio quando si tratta di esaltare il gruppo a disposizione: “E’ fatto di ragazzi straordinari e uomini straordinari, subentrare in una squadra e trovare sin da subito la capacità di farsi seguire non è semplice. Siamo felici dell’impegno che i ragazzi ci stanno mettendo”.
Da Polignano a Bisceglie, passando per l’Emilia Romagna: Mancini ha scelto un giro largo per trovare la prima panchina da pro in Puglia, a 47 anni e a 80 chilometri da casa.”Sono arrivato il 20 luglio 2017 a Bisceglie e mi sono trovato benissimo – sottolinea- oggi come oggi lavorare serenamente in questo mondo è complicato e quando c’è la possibilità occorre coglierla. Società, staff e calciatori mi hanno trasmesso entusiasmo”. I riflettori ora sono sul Bisceglie ( “Non voglio fare un solo nome: ci sono ragazzi di qualità che possono tranquillamente ambire ad andare oltre la serie C”) ma l’imperativo di Mancini è “restare con i piedi per terra: l’obiettivo principale è la salvezza, poi si vedrà”. I 36 punti in cassa sono un bottino rassicurante, in attesa del Catania ospite nel turno infrasettimanale: “Noi bravi con le big? Sicuramente quando affrontiamo squadre blasonate con calciatori importanti siamo più stimolati: è normale che il nostro 3-5-2 agevola le ripartenze, soprattutto fuori casa. Ma anche in casa abbiamo fatto bene contro il Lecce, pur perdendo”. Occupazione degli spazi e cambi di fronte improvvisi. Questa la ricetta di Mancini: “Dopo la salvezza, potremmo guardare con un occhio diverso al futuro del campionato. Se saremo bravi e capaci, fermo restando che siamo una neopromossa, secondo me raggiungere i playoff. Io? Non vivo per poter essere riconfermato, ma se i ragazzi otterrano i playoff una bella cena a mie spese a Polignano non gliela toglie nessuno. Dal fisico si capisce: sono un buongustaio”. E chissà che l’appetito, da allenatore, non torni divorando gli avversari.