Una strada, una matita. Monopoli, rinascita Montini: “Sfiga, infortuni e colpe. Vi dico tutto, ma ora sto alla grande”
Magari non lo ascolta, o forse sì.
Ma per raccontare la storia di Montini possiamo citare Fedez&JAX.
“Assenzio” per la precisione, l’ultimo brano. Ok? Ok. Azzardiamolo così. “Una strada, una salita…”. Inequivocabile
e diretto. Ci siamo, no? Poi ancora: “Una strada, una
matita”. Fermiamoci pure, parola a Mattia: “Non ho passato bei momenti negli ultimi anni, ma continuo a non mollare e a tenere duro”. Resiste, Montini. Uno che la sua strada l’ha già scelta da
bambino: “Ho sempre voluto fare il calciatore, come mio padre. E’ stato
lui a trasmettermi questa passione”. E se avesse “una matita” riscriverebbe qualche anno dall’inizio, magari a penna. Problemi fisici, scelte sbagliate, schiaffi del destino, qualche allenatore che non ha creduto in
lui: “Come Capuano all’Arezzo, preferisco non parlarne dai. Diciamo che non avevo un bel rapporto…”.
Ora, però, finalmente la rinascita, 7 gol in 13 partite con la
maglia del Monopoli (19 punti, nono in classifica): “Sto alla grande, non ero mai stato in Puglia, ho trovato l’ambiente giusto per poter far
bene”. Meriti? Tanti: “Allenatore, piazza, progetto”. E il mare: “Mi rilassa, quando lo vedo ritrovo la serenità.
Poi amo pescare, ogni tanto ci vado con qualche amico e mi sento a
mio agio”. Ragazzo semplice, Montini. Uno che parla chiaro: “Essere in Lega Pro non significa fare il
calciatore eh, attenzione. Io coltivo il mio sogno ogni giorno, sia in
allenamento che in partita. Non mi illudo, so che tutto dipende dalle mie
capacità, negli ultimi anni non avevo equilibrio”. Autocritico, quindi:
“E’ stata anche colpa mia, ora spero di poter fare una carriera
all’altezza delle aspettative che la gente aveva in me”. Come ai tempi della Roma, scoperto da Attilio Olivieri – lo stesso di Caprari, Ricci, Politano e tanti altri – in un campetto di Frosinone: “Sono ancora legato a lui, ogni tanto ci sentiamo. Anzi, colgo l’occasione per salutarlo! E sai che vorrei fare?”. Dicci pure: “Vorrei aprire una scuola calcio nel mio paese, ce ne sono pochissime”. Magari in futuro, dopo aver riaperto i libri. A 24 anni c’è ancora tempo: “Avevo iniziato l’Università, ora vorrei ricominciare con Scienze Motorie. Ho lasciato perdere tempo fa, ero giù di morale”. Questioni di strade diventate tortuose. “In salita”. “Vuoi per gli infortuni, vuoi per la mancanza di maturità, ma in queste stagioni non sono riuscito a esprimermi come volevo”. Anche sfortunato: “Il primo anno fuori
sono andato a Benevento, mi sono rotto il ginocchio in ritiro”. Durissima
da digerire, come racconta in esclusiva su Gianlucadimarzio.com: “Ero sulla cresta dell’onda, sono stato fuori 5 mesi. Sono
cose che ti segnano”. Cittadella poi: “Anche lì, stesso discorso.
In Serie B puntavano molto su di me, ma durante la preparazione mi sono rotto il ginocchio, stavolta l’altro. E’ andata
così, l’importante è uscirne fuori…”.
E a suon di gol,
proprio come faceva nella Roma: “Ho giocato lì fin dai Giovanissimi, poi nel 2011 ho
vinto il Campionato Primavera”. Protagonista indiscusso nelle final eight:
“Ricordo la tripletta in finale contro il Varese, eravamo un gruppo unito,
tutti amici. Ho bellissimi ricordi, davvero. Con alcuni ragazzi mi sento ancora, Viviani (oggi al Bologna
ndr) è un mio grande amico”. E che rosa poi: Verre, Florenzi, Politano, Barba, quel Ciciretti che oggi incanta pure il Napoli (leggi qui):
“Sono molto contento per Amato, se lo merita! Ha fatto tanta gavetta e ora è con Ventura”.
Montini-Ciciretti, giochi di assonanze: “Spero di emergere come ha fatto lui, io ci credo. Di
quella rosa sono uno dei pochi che gioca ancora in Lega Pro, gli altri sono arrivati
quasi tutti, anche chi non era titolare come Barba o Politano. Guardali ora,
sono nel giro della Nazionale”. Determinazione, basta quella. Montini lo
sa e persegue il suo credo, specie per ripagare la fiducia di chi credeva in
lui. Come Alberto De Rossi: “E’ stato l’allenatore più
importante fin qui, sapeva come prendermi. Utilizzava il metodo del bastone e
della carota, era sia buono che cattivo. Gli devo tantissimo”. Come alla
Roma del resto, anche se forse potevano puntarci un po’ di più: “Ci fu il passaggio di proprietà, era l’inizio della Roma americana. Se
fosse rimasta Rosella Sensi magari avrei avuto più spazio in prima squadra.
Però ormai è andata, sono andato a giocare in prestito e nel corso degli anni
ho dimostrato di non essere all’altezza, poi vedremo come andrà a finire”.
Nessun ripensamento: “L’ho sempre detto, ho le mie
colpe”. Non solo sue però, vedi la Pro Patria l’anno scorso: “Non
era una squadra, ma un’insalata mista. Abbiamo vinto una sola partita in
campionato, una cosa ridicola. Moralmente è stata la mia annata peggiore, anche
se da gennaio in poi, grazie all’ex Fiorentina Mario Santana, ho fatto qualche bella partita. Purtroppo non c’era una buona società alle
spalle”. Tutt’altra musica ora, in quella Monopoli un po’ sua. Mare, gol e sorrisi ritrovati. Strada libera, in discesa. E una matita sempre in tasca. Stavolta sì, per raccontare bei momenti.