Si dice che da lassù il Cristo Redentore di Rio guardi e tuteli tutta la città. Ma da ormai 70 anni nella splendida cartolina che si può scattare dalla cima del Corcovado è entrato uno dei templi profani più famosi del Brasile, il Maracaná.
Si celebra un anniversario importante di uno stadio tra i più famosi e amati al mondo, maledetto e venerato, antico e moderno allo stesso tempo. La veste di oggi non è quella originale, anzi, è stato completamente ristrutturato in occasione dell’ultimo Mondiale. Già il Mondiale, motivo di entrambe le sue due nascite e soprattutto dell’eterna memoria che avrà nella storia del calcio.
L’edizione del 1950 doveva essere inizialmente del 1949, ma per regalare al primo Mondiale postbellico una cornice degna di tale evento, il Brasile chiese di posticipare la manifestazione di un anno in modo da costruire lo stadio più grande del mondo, che fino a quel momento era Hampden Park a Glasgow.
Erano circa 160.000 i posti disponibili sugli spalti al momento dell’edificazione, ma si dice che nella partita tra Brasile e Uruguay ci siano state dentro più di 200.000 persone. Prese il nome di Estadio Municipal, ma visto che la costruzione fu particolarmente sponsorizzata da un giornalista di nome Mario Filho, si scelse di intitolare a lui lo stadio. Si tratta del fratello del famosissimo drammaturgo e scrittore Nelson Rodrigues, una pietra miliare della letteratura contemporanea brasiliana. Eppure tutti lo hanno conosciuto come Maracaná: il nome lo si deve al fiume che bagna il quartiere, a sua volta battezzato così per la presenza di un particolare pappagallo che porta quel nome tipico della zona.
La partita inaugurale, al contrario di quanto molti credono, non è stata quella che ha dato il via al Mondiale del 1950, ma una amichevole tra una selezione paulista e quella carioca disputata il 16 giugno, otto giorni prima dell’esordio vero e proprio della nazionale brasiliana. Il primo gol lo segnò Didi, all’epoca giocatore del Fluminense, così come Fred che segnò la prima rete dopo l’ultima ristrutturazione.
La grandezza del Maracaná la si relaziona anche in base alla storia del Brasile: è inevitabile quando si parla di questo stadio citare la partita più famosa della storia del calcio, il Maracanazo, il giorno in cui l’Uruguay negò al Brasile il suo primo Mondiale in casa propria. La partita è leggendaria e non ha bisogno di ulteriori presentazioni, ma è il rapporto che ha avuto il popolo brasiliano con quel dramma sportivo a raccontare la mistica di questo stadio. Di quella gara è stata maledetta qualsiasi cosa: la maglia bianca che è stata abolita e sostituita dalla ormai tradizionale verdeoro, la data evitata in ogni modo, e soprattutto i giocatori, su tutti Moacir Barbosa, ‘il portiere morto due volte’, condannato a una vita difficilissima per il grande disprezzo che la gente provava per lui dopo l’errore sul gol di Ghiggia.
Tutto maledetto, tranne lo stadio, rimasto l’emblema della prima volta in cui il Brasile è stato al centro del calcio, prima di diventarne la nazione simbolo in quanto a titoli e tradizione. Anche perché è diventato anche il cuore pulsante della Rio calcistica, quella del Flamengo, la squadra più popolare e tifata del Brasile con 50 milioni di fan in tutto il Paese, ma anche del Fluminense, gli eterni rivali di altri ceti sociali con cui danno vita al Fla-Flu, “il derby nato prima di ogni cosa” citando proprio Mario Filho, il “papà” del Maracaná. Senza dimenticare le altre due grandi della città, Vasco e Botafogo, che pur avendo altri impianti, riconoscono la venerazione del Maracaná.
Dal Maracanazo in poi il Brasile non ha più perso una finale nella sua casa: ha vinto la Copa América del 1989, la Confederations Cup del 2013, le Olimpiadi del 2016 e l’ultima Copa América, nel 2019 contro il Perù. È mancata una rivincita mondiale, negata dall’altra grande sconfitta della storia della Seleção, quel 7-1 con la Germania poi Campione del mondo, che per quando grande ha dovuto scimmiottare il nome del suo grande antenato, facendosi ribattezzare Mineirazo.
La capienza, oggi di 78.000 persone non è più la stessa, forse anche la gente che popola lo stadio non è più la stessa. Ma il fascino rimane immutato, perché per far vivere la leggenda basta il nome di Maracaná, da 70 anni la reliquia del calcio brasiliano che siede alla sinistra del Cristo Redentore.
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