Italia, i ricordi d’azzuro di Fiore. E quel biscotto mai andato giù…
Ci sono partite che restano impresse nella memoria collettiva. Ricordi pungenti come uno spillo. Sassolini nelle scarpe impossibili da eliminare. Italia-Bulgaria degli Europei 2004 in Portogallo è uno di quelli. Perché quel 22 giugno fu il giorno di una vittoria senza gioia. Perché quello fu soprattutto il giorno di Svezia-Danimarca 2-2: il “biscotto” che ci eliminò dal torneo.
Stefano Fiore era in campo e non riesce ancora a dimenticare quell’incontro. “Svezia e Danimarca guidavano il girone con 4 punti, noi avevamo pareggiato con entrambe”, ricorda ai microfoni di gianlucadimarzio.com l’ex trequartista di Parma, Lazio e Udinese. “Dovevamo vincere con la Bulgaria a Guimaraes e sperare che la sfida di Oporto fra le due capoliste non finisse 2-2. Giocammo tutta la partita con un occhio alla panchina per avere aggiornamenti”.
Novanta minuti complicati. Sotto alla fine del primo tempo su rigore di Petrov, pareggio a inizio ripresa di Perrotta, fino al gol vittoria di Antonio Cassano. Al 94’, quando a Oporto lo svedese Jonsson ha appena siglato la rete del pareggio. Sì, quella del 2-2. “Ricordo che dopo il gol di Antonio, buttai uno sguardo a bordocampo e vidi un’esultanza frenata. Capimmo tutti che quello che pensavamo non potesse succedere, era successo”, ricorda Fiore, lasciando trasparire un’amarezza ancora tangibile. “Tornammo negli spogliatoi a testa bassa, eliminati da un risultato molto strano. Perché un 2-2 non è uno 0-0… Fu una grande ingiustizia, ma anche noi, con la squadra che avevamo, avremmo dovuto fare di più nelle prime due partite”.
Oggi a 13 anni dal biscotto, Svezia e Italia si giocano l’accesso al mondiale. A parte Buffon in porta, è cambiato tutto. “La nazionale del 2004 era sicuramente molto più forte rispetto a questa. Fantasia, tecnica, Cannavaro e Nesta a guidare la difesa. Un’altra cosa. Oggi le grandi squadre scommettono poco sugli italiani. Difficile chiedere a giocatori delle squadre di seconda fascia di essere decisivi da subito in campo internazionale. In ogni caso, anche oggi siamo più forti degli svedesi. Mi preoccupa la mancanza di fiducia mostrata nelle ultime prove, ma tecnicamente la Svezia non può impensierirci più di tanto. L’importante sarà pareggiare la sfida dal punto di vista fisico e nervoso. E non giocare col 4-2-4…”.
Dopo una vita passata in campo, Fiore sta studiando da allenatore. Alla fine del Master Pro di Coverciano che sta frequentando, potrà allenare in ogni categoria. E allora è inevitabile chiedergli cosa farebbe al posto di Ventura. “Tatticamente giocherei sicuramente a 3 a centrocampo. Impossibile pensare di mettersi a 2 con un giocatore come Verratti. Abbiamo bisogno di fare densità in mezzo al campo per lasciare libertà ai nostri giocatori più talentuosi. Abbiamo Immobile nel momento migliore della carriera, potrebbe essere lui l’uomo decisivo. Ma attenzione anche a Zaza, che in Spagna sta facendo grandi cose”.
In uno spareggio però ci sono dettagli più importanti della tecnica o dei moduli. “Più che uno stratega, Ventura deve essere un padre di famiglia. Zoff e Trapattoni, gli allenatori che ho avuto in azzurro, erano eccezionali gestori di risorse umane. Il nostro commissario tecnico è più un allenatore di club, abituato ad allenare giorno per giorno i suoi ragazzi. Ora deve essere bravo a capire il momento e restituire consapevolezza al gruppo. Siamo meglio di loro, scrolliamoci le paure e andiamo al mondiale”.
Un modo per vendicare il biscotto, anche se Fiore associa la Svezia anche a un ricordo molto più dolce. “Il mio esordio in azzurro. Un’emozione pazzesca, uno dei giorni più belli della mia vita. Si giocava a Palermo. La mia famiglia organizzò un mini esodo da Cosenza. Era facile calarsi in quel gruppo, solido, pieno di campioni e di punti di riferimento. Era il 23 febbraio del 2000; pochi mesi dopo avrei vissuto da protagonista l’Europeo di Belgio e Olanda”.
Una cavalcata eccezionale interrotta a un centimetro dalla gloria. Il gol di Wiltord nel recupero, poi la sentenza di Trezeguet nei supplementari. “Peggio, molto peggio del biscotto. Fu una vera e propria tragedia sportiva”, scherza ma non troppo Fiore, 48 gol in serie A, 2 con la maglia della nazionale.
“Forse con le mie caratteristiche, nel calcio di oggi, avrei potuto segnare anche di più, chi lo sa. Oggi ci sono pochi giocatori tecnici nel nostro campionato, magari sarei stato davvero più decisivo. Fra gli emergenti mi piace Gagliardini, per quantità e qualità. L’importante è che i club investano sugli italiani. Non possiamo sperare in grandi risultati con la nazionale se i nostri ragazzi non imparano a essere decisivi nelle loro squadre ogni fine settimana”.
Parola di un ragazzo cresciuto a Cosenza ed esploso prima a Udine e poi a Roma. Un giocatore di talento. Uno di quelli che sarebbero utili in questa settimana.
A Cura di Claudio Giambene