"Ronaldo, Icardi, la mia Inter". Zamorano: "Il calcio, la mia vita"
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Data: 01/08/2019 -

"Ronaldo, Icardi, la mia Inter". Zamorano: "Il calcio, la mia vita"

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Bam Bam. Cuore, potenza e passione. Ivan Zamorano torna nella sua Italia, con il sorriso sulle labbra e con una bottiglia di vino da stappare. Si chiama “El Capitàn”, l’ha prodotta nel Salento con l’imprenditore locale Fabio Cordella. “È buono, forte, mi somiglia molto: abbiamo messo nel vino quello che io mettevo in campo”. Ai microfoni di gianlucadimarzio.com, l’ex attaccante cileno, oggi 52 anni, ripercorre gli anni italiani vissuti con la maglia dell’Inter, dove arrivò dal Real Madrid nel 1996 e rimase fino all’estate 2001. “Che sia a Milano, a San Siro oppure all’estero, quando vedo giocare l’Inter provo un sentimento fortissimo, è qualcosa di speciale per me. Ho sempre dato tutto me stesso per i colori nerazzurri, lottando per vincere e divertirmi sul campo. Al di là dell’amore per l’Inter, però, credo di aver lasciato qualcosa a tutto il calcio italiano. Quando incontro per strada tifosi di Milan, Juventus o Fiorentina, si dimostrano tutti affettuosi e mi portano rispetto. Nel mondo del calcio non è così scontato. Ne vado fiero: significa che sono riuscito a trasmettere a tutti il mio modo di vedere questo sport”.
 
A guardarsi in giro oggi, nei migliori campionati europei, quelli come Ivan si contano ormai sulle dita di una mano: “Caratterialmente mi rivedo solo nella mia gente. Medel, Vidal. Io sentivo il calcio in un modo differente: ogni pallone era vita o morte”. Il guerriero che tutti ricordano non era un semplice personaggio: per Zamorano, il calcio è sempre stato una ragione di vita. E proprio questo, in fondo, gli ha permesso di distinguersi dagli altri e di raggiungere altissimi livelli. “La verità è che siamo tutti differenti: io ho fatto della grinta il mio punto di forza. Se cerco un giocatore come me, oggi, non riesco a trovarlo. Uno mi somiglia nella corsa, l’altro nel modo di calciare, Ronaldo magari nel colpo di testa”. Elevazione da record per CR7, pure Zamorano però non scherzava nel gioco aereo. 179 centimetri di pura energia, da bambino si allenava con i lampadari di casa: rincorsa, salto e stacco. Dall’asfalto di Santiago de Cile allo Stade de France in finale di Coppa UEFA, di strada Bam Bam ne ha fatta tanta.


 
Arrivai al Bologna nel 1988, mi dicevano che ero giovane e dovevo fare esperienza in prestito. Andai al San Gallo, segnai molti gol e in Svizzera mi trovavo davvero bene. Un anno più tardi, fui io a non voler tornare in Italia: scelsi di fare un’altra stagione al San Gallo, poi Siviglia, Real e Inter. Diciamo che in nerazzurro mi sono preso una bella rivincita”.


 
Dal Bologna all’Inter, dieci anni dopo il suo arrivo in Europa Zamorano vinse la Coppa UEFA: era il 1998. Lazio-Inter 0-3, Ivan fa gol dopo cinque minuti di gioco. Raddoppia El Tractor Javier Zanetti, poi la chiude Ronaldo. Anzi, “Luis Nazario de Lima”, come sottolinea Ivan per distinguere il brasiliano dagli… omonimi: “E’ il compagno più forte che ho avuto in carriera. Quando si ruppe il ginocchio in Coppa Italia a Roma, nessuno credeva che sarebbe tornato ai suoi livelli. Tutti raccontano di come la sua qualità venisse fuori sul più bello, dopo settimane di allenamenti “svogliati”. A me piace guardare al Ronaldo professionista, che lavorava sodo per riprendere a giocare al top. E riprendersi in quel modo lì dopo un infortunio del genere, credetemi, è da Fenomeno vero”.

 

Proprio a Ronaldo è da ricondursi uno dei marchi di fabbrica di Zamorano: la maglia 1+8. “Dopo i Mondiali del 1998, Ronnie stava vivendo un periodo particolare. Da Moratti a Mazzola, passando per Suarez, gli altri dirigenti e tutti i miei compagni: capimmo tutti che era il momento di far sentire a Ronaldo la nostra fiducia, di fargli capire quanto fosse speciale per noi. Ci voleva qualcosa che lo stimolasse, io sapevo che gli sarebbe piaciuto vestire la mia numero 9. Decisi di lasciargliela e Sandro Mazzola mi fece: “Dai Ivan, puoi sempre optare per una somma. Il 18, il 27, vedi un po’ tu”. La somma… Quella parola mi rimase impressa. “Posso farla per davvero”, pensai. Andai a chiedere a Moratti se fosse possibile mettere un “più” tra i due numeri. Una volta ottenuto il permesso, affidai questo compito a Paolo e Claudio, i magazzinieri. Dopo qualche giornata di campionato con il nastro adesivo incollato sulla schiena, la mia maglietta diventò la più richiesta nei negozi. A quel punto, la Nike cominciò a produrle con il + già stampato”. Gira pagina per continuare a leggere: da Simeone al caso Icardi.

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