“Quelle notti col menestrello in spider”. Cavalleri racconta Vendrame
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Data: 05/04/2020 -

“Quelle notti col menestrello in spider”. Cavalleri racconta Vendrame

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Lo storico procuratore bresciano ricorda il suo compagno scomparso poche ore fa. “Era un inventore. Qualsiasi cosa facesse. Anche il no look l’ha creato lui”
Lo storico procuratore bresciano ricorda il suo compagno scomparso poche ore fa. “Era un inventore. Qualsiasi cosa facesse. Anche il no look l’ha creato lui”

È passato mezzo secolo da quando giocavano insieme ma certe immagini non scolorano. I capelli lunghi che prendevano vento sulla sua Spider. Lo vedevo sempre arrivare così. Io ero un ragazzino di 17 anni, lui il nuovo acquisto del Rovereto in serie C. Mi voleva con sé nelle sue scorribande notturne, soprattutto a Riva del Garda. Perché lì? Ezio diceva che era un covo di donne”. Tiberio Cavalleri ed Ezio Vendrame hanno passato insieme solo una stagione, 1970/71. Poi hanno preso strade diverse: Tiberio è diventato uno dei più importanti procuratori del calcio italiano, Ezio è stato giocoliere, allenatore e poeta. “Ma lo era già allora. In ritiro si era presentato con la chitarra. Faceva un giro di accordi e improvvisava testi.  Inventava dal nulla, anche in campo. Lui è stato il primo a passare la palla senza guardare, altro che Ronaldinho”.

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Eppure quell’anno non brillò perché “l’allenatore che lo aveva scelto – Giovanni Ballico -  fu esonerato rapidamente e arrivò Lamberto De Giorgis, un sergente che faceva perquisizioni di notte. Non erano compatibili. Ezio s’incupì e finì spesso in tribuna”. L’allergia alle regole e alla disciplina gli ha impedito di raggiungere traguardi più alti. “Durante gli allenamenti era uno spettacolo guardarlo. Aveva una confidenza col pallone unica. Un giocoliere strabiliante. Lui si divertiva così, non gli importava il resto. Viveva per quei guizzi. Mi raccontò che quando si trovava nella nazionale militare giocò una partita contro gli ufficiali dell’esercito. Scartò tutti e si fermò con due piedi sul pallone proprio sulla riga di porta. Poi si girò verso la tribunetta, fece il saluto militare e non calciò. Ovviamente c’era in ballo un permesso per uscire. E lo ottenne”.

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Ezio Vendrame era così. Voleva stupire ed essere irriverente. E in qualche modo ci è riuscito anche stavolta. “Sto scrivendo un libro sui personaggi che ho incontrato nel mondo del calcio. Stavo rileggendo le bozze che riguardavano la sua storia e mi è apparsa la notizia su Sky. Oltre al dispiacere incredibile, ho pensato che volesse mandarmi un segnale del tipo ‘ehi, che stai scrivendo su di me? Guarda che sono morto, eh?’ L’ultimo atto di irriverenza di un uomo che ha speso la vita senza preoccuparsi di quello che avrebbe potuto lasciare per strada (la sua storia). “Il calcio per lui era un mezzo di sostentamento, ma viveva sempre il presente al massimo. Il pallone era il suo modo migliore per esprimere la sua genialità, ma non l’unico. Era un inventore. Il suo problema, oltre alla voglia di evadere che ha accompagnato la sua carriera, è sempre stato il fisico gracilino. Oggi non avrebbe potuto giocare, per dire. Anche se non vedo gente oggi che tocca il pallone come faceva lui.

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Oggi i giocolieri li chiamano freestylers. In campo se ne vedono pochi. Al massimo fanno qualche storia sui social. Più che irriverenza, una ghettizzazione. Quelle piattaforme Vendrame non le amava. È sempre stato selettivo. Se devo parlare con degli imbecilli, preferisco morire di solitudine, disse una volta. Non legava neanche con tutti i compagni. “A Rovereto lo fece con i più giovani e con chi poteva capire il suo spirito controcorrente”. Tiberio Cavalleri era fra questi.

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