Dieci sconfitte consecutive, dal sogno-Europa all'incubo retrocessione. L'Udinese è in crisi, i risultati non arrivano, i tifosi sono tesi. Direttamente da Londra, dove vive e cura la gestione dell'altro club di famiglia, il Watford (12° in Premier), Gino Pozzo è tornato a casa per cercare di ridare serenità ad un ambiente che vive un momento buio. "Incolpare me e la mia "non presenza fisica" è assurdo - ha spiegato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport -. Io non ci sono mai stato, ma l'Udinese è nelle mani di 45 persone coordinate da mio padre. La nostra famiglia è sempre presente, è la stessa che più di trent'anni fa è entrata nel mondo bianconero e non ha certo intenzione di uscirne". I tifosi hanno incitato i proprietari a investire di più: "La squadra è la stessa che, qualche mese fa, puntava all'Europa. C'è stato rilassamento, il talento non manca. Eppure ci siamo fatti un'idea di quello che è successo. E le colpe non sono da attribuire a un singolo individuo". Tra le tante "colpe", i Pozzo sono accusati di aver fatto dell'Udinese un business e di non aver mai cercato di sopperire all'addio di Di Natale, per anni anima dei friulani, cercando un suo erede: "Se cercare di ottenere buoni risultati è un business allora sì, la nostra Udinese è un business - continua Pozzo -. Quando Di Natale ha deciso di smettere, contattammo Quagliarella, ma in quel momento era impossibile acquistarlo. Però ora abbiamo Lasagna, che è stato un gran bel colpo". E ora, come rimediare? "Il filotto di sconfitte è finito, l'ho ribadito allo spogliatoio. Siamo tutti sulla stessa barca, nessuno scenderà. Adesso devono arrivare i risultati".
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