Una vita nel Livorno e una carriera iniziata nel Milan, quello di Maldini, Nesta, Stam... difensori come lui dai quali in quei pochi allenamenti fatti in prima squadra cercava di rubare qualche segreto scrutandoli ammaliato, venerandoli da lontano, non osando avvicinarli perché per un ragazzo, in quel momento, anche solo trovarsi a Milanello con i giocatori più forti al mondo era già il massimo. Alessandro Lambrughi ha 31 anni è il capitano della Triestina e riguardandosi indietro non si pente di nulla, certo probabilmente a Livorno sarebbe voluto rimanere, ma alla fine è andato tutto bene anche così. La sua carriera gli ha fatto provare tante esperienze dalle più belle alle più brutte. Un sali e scendi di emozioni che ai microfoni di gianlucadimarzio.com ha voluto raccontare partendo da quel tragico 14 aprile 2012 quando mori Piermario Morosini:
"Quel giorno me lo ricordo bene. Un'esperienza così non la auguro a nessuno. Una cosa che nessuna si immaginava. È stata una giornata triste per tutti, Purtroppo non si può tornare indietro. Piermario Morosini era arrivato a Livorno a gennaio e poi nei mesi che è rimasto lì eravamo praticamente sempre assieme. Lo conoscevo già dal settore giovanile e siamo stati sempre assieme io, lui e un altro ragazzo. Era speciale perché socializzava con tutti. Nonostante il tempo non l'ho mai dimenticato anche perché l'associazione benefica che ho creato (LIVE Onlus) è intitolata a lui. Doniamo defibrillatori sul territorio italiano a società o oratori che ne hanno bisogno. Quindi anche se non facciamo grandi manifestazioni sociali in suo nome cerchiamo sempre di ricordarlo durante la quotidianità con il lavoro e le attività di beneficenza.
Questa Onlus però è nata nel 2008, quindi prima della sua scomparsa. Poi quando è successo il fatto gliela abbiamo intitolata. Come lo ricordiamo nel quotidiano? Tutti i membri dell'associazione indossano un braccialetto e anche i suoi amici e chi gli vuole bene. È una cosa più nostra, non è fatta a scopo di lucro è un segno che abbiamo tra di noi e che ci fa piacere avere. Lo indosso sempre perché è un simbolo, ha un significato personale". Gesti che vanno oltre il quotidiano, significati personali e profondi che a parole è difficile spiegare, ma che la sua voce al telefono trasmette. Perché quello che è successo a Morosini forse si poteva evitare, la fatalità e il caso hanno avuto un ruolo dominante senza dubbio, ma come dice lui il passato non si può cambiare.
In nome di Morosini giocava anche Davide Astori. L'ex capitano della Fiorentina era amico di Alessandro dalle giovanili del Milan e anche lui contribuiva alla crescita di Live Onlus: "Anche lui era un ragazzo speciale come Moro, non c’è bisogno che io tessa le sue lodi. Chi era si vedeva benissimo. Lo ricordiamo con tanto affetto perché faceva parte della nostra Onlus. Già ai tempi del Cagliari indossava la fascia da capitano e i braccialetti dell’associazione. Negli ultimi anni non lo sentivo più spesso, ma eravamo rimasti in contatto grazie ad un amico in comune". Disgrazie che segnano inevitabilmente la vita e la tua carriera soprattutto se chi ci lascia era anche un amico, ma bisogna andare avanti: "Come fa una squadra ad andare avanti dopo la morte di un compagno e amico? Poche parole. Più che quelle serve il silenzio. Poi ti scatta dentro quel senso di dovere, responsabilità maggiore nei confronti di quello che è successo che ti dà la forza di dare qualcosa in più al campo".
IL MILAN, L'AMERICA CON NESTA E LA SCARAMANZIA
Una carriera vissuta sempre da protagonista dovunque giocava: dal Livorno al Milan (dove nelle giovanili riuscì anche a fermare Dzeko in un torneo) dove uno dei ricordi più belli dei giorni a Milanello è legato a "Seedorf: tutti i giorni veniva a salutarci a noi ragazzi e ci stringeva la mano. Allenarsi con i campioni del Milan? Eh è strano per un ragazzo. Con loro ho fatto qualche allenamento ed era emozionante. Era un Milan di altissimo livello. Era un sogno per me potermi allenare con tutti i miei idoli, era un sogno che si realizzava per me che ero e sono tifoso rossonero. Ancora oggi quando posso vado a San Siro a vedere le partite".
In quegli anni nel Milan vedeva giocare Alessandro Nesta, ma mai avrebbe pensato un giorno di essere allenato proprio da uno dei suoi idoli da ragazzino: "L'opportunità della Mls è arrivata un po' a caso. Speravo di rimanere al Livorno. Invece mi sono ritrovato svincolato e quindi ho conseguito a Coverciano il patentino da allenatore per allenare in Serie D e poi è arrivata la chiamata del Miami. Sono sempre stato un fan dell’America ho pensato che potesse essere l’opportunità giusta da cogliere. È stata un’esperienza molto bella anche se è stata per poco tempo. Ma è stata molto bella sia per la mia vita che in ambito calcistico. La consiglierei a qualsiasi calciatore come esperienza. Nesta? Come giocatore l’ho vissuto più da tifoso che da compagno di squadra e l’ho sempre ammirato perché secondo me per anni è stato uno dei più grandi difensori centrali del mondo. Come allenatore l’ho vissuto solo per tre mesi e nonostante fosse alle prime armi mi ha lasciato delle ottime impressioni e soprattutto come idea di calcio e gioco mi ha stupito" .
"Io sono un po' vecchio stampo. Non mi piacciono i numeri presi tanto per prenderli, voglio che abbiano un significato. A Livorno avevo l'11 perché con quello sulle spalle avevo vinto un campionato. Al Miami Fc scelsi il 25 per Morosini per me non era un numero qualsiasi e adesso alla Triestina ho il 3 è stato un po’ indirizzato perché in Serie C devi assegnare i numeri in base ai tesserati che hai e siccome il 3 era libero e io sono un po’ vecchio stampo - come vi dicevo - quindi ho scelto questo numero perché rappresenta il mio ruolo". Ragionamenti un po' sorpassati e sentimenti genuini. Lambrughi è un calciatore vecchio stampo, poco social e legato alle piccole cose, quelle belle che hanno più valore di un tatuaggio o una scarpetta alla moda.
LA TRIESTINA E IL MESSAGGIO PER LIVE ONLUS
Ora alla Triestina ha ritrovato il calcio italiano. In Serie C, nel girone B, sono partiti bene: tre vittorie, un pareggio e una sconfitta che è coincisa con gli unici due gol subiti in cinque giornate. Merito anche di un difensore così esperto? Non glielo chiediamo perché da capitano e ragazzo umile probabilmente riderebbe imbarazzato e direbbe che il merito è della squadra. In anni di onorata carriera ha imparato anche a sviare alle domande più scomode. Tanti talenti, una personalità forte ma un carattere buono che gli ha fatto meritare la fascia da capitano della Triestina: "Sono onorato e molto orgoglioso di essere il capitano di questa squadra. Hanno cambiato tanto quest'anno e sono molto orgoglioso che la responsabilità di portare la fascia sia caduta su di me. Sono onorato di rappresentare una società comunque storica nel calcio italiano. Che capitano sono? Avendo un po’ di esperienza in più cerco di dare qualche consiglio e dare una parola di conforto ai più giovani. Credo che sia la cosa più importante che un giocatore d’esperienza possa fare. Poi anche nella quotidianità: l’impegno e l’esempio in allenamento per far capire qual è il modo corretto di lavorare". Capitano e guida. Ha imparato bene il mestiere Alessandro e ora a 31 anni cerca di dispensare consigli utili ma senza eccedere.
Il tempo passa, scorre veloce e inesorabile. Staremmo ad ascoltare Ale (ormai siamo in confidenza ndr) per ore. Prima di salutarci però ci invita a lanciare un messaggio che accogliamo con piacere: "Live Onlus si occupa di raccogliere magliette, pantaloncini e tutti i cimeli con cui i giocatori scendono in campo e di metterli poi all'asta su ebay. Con il ricavato compriamo i defibrillatori e li doniamo a oratori e società che ne hanno bisogno sul territorio italiano. Quindi consiglio a tutti di seguire queste aste online e comprare i nostri cimeli per incrementare i guadagni e poter aiutare sempre più società e non solo ad attrezzare i campi con queste macchine che possono salvare la vita di molti ragazzi". Cuore d'oro e altruismo. Da buon difensore pensa prima ad aiutare gli altri: uomo di valori e di un calcio "vecchio stampo".