Per descrivere Torino-Sassuolo bisogna partire dalla fine. O quasi: è il minuto 80’, la curva Maratona alza un coro scandendo un nome e cognome precisi: “Simone Zaza”. La metamorfosi è compiuta. Oltre un anno fa, l’attaccante arrivava con tanto scetticismo: i tifosi non dimenticavano il suo passato alla Juve, e dopo qualche mese di ombre (tante) e luci (poche) erano arrivati anche dei fischi. La stagione scivolava, in forma anonima: solo 4 gol, di cui 2 al Chievo. Mercato alle porte, idee di cessione.
Nulla: vuole restare lui e il Torino non vuole svalutare l’investimento più importante della sua storia. Si rimbocca le maniche, e tra Europa League e campionato segna già 5 reti, superando la scorsa stagione. Al 25 di agosto. Contro la sua ex squadra, Zaza segna una doppietta: un gol voluto nel primo tempo, uno rubato a Belotti nel secondo. Il Gallo lo perdona, lo abbraccia: sono molto amici. Entrambi in campo hanno dato tutto, letteralmente.
Non c’era il tutto esaurito all’Olimpico, ma vedere Belotti fare avanti e indietro e fermarsi solo ai crampi, ha portato a un istintivo lunghissimo applauso per il capitano, che ha quasi colmato il vuoto. Lui è rimasto in campo solo per non lasciare la squadra in dieci: il 2-1 al Sassuolo arriva con tanta fatica e come risposta alla sconfitta in Europa League con il Wolverhampton. Dall’11 di Zaza al 9 di Belotti fino all’1 di Sirigu, decisivo in più occasioni.
Sembra di tornare indietro nel tempo, quando le rose erano corte e i giocatori lasciavano spazio all’intensità più che alla tattica. E a proposito, i crampi di fine gara hanno suggerito che, effettivamente, i giocatori a disposizione di Mazzarri non siano poi così tanti. In tribuna c’era Nkoulou, potenziale separato in casa. Davanti, ancora sette giorni pieni di calciomercato, per cercare un’alternativa in attacco (Verdi, per esempio), una sulla fascia (tra i nomi c’è Dimarco) e, forse, uno per la difesa se il camerunese dovesse salutare.
Ma questa è un’altra storia. Il campo incorona Zaza, figliol prodigo di un Toro che lo ha aspettato a lungo. La sua esultanza? Un “boh” che i compagni hanno già rinominato Zaza Wave: sguardo quasi indifferente e braccia allargate. Non è mancanza di rispetto, è un modo simpatico per reagire. Ora che si è preso la scena, non si vuole fermare. Più.