Dalla Lega Pro alla Serie A, da ciò che va bene a ciò che va male. Il presidente dell'Aic (associazione italiana calciatori), Damiano Tommasi, ha rilasciato una lunga intervista al Corriere Dello Sport, per fare una panoramica su quello che oggi è il calcio italiano: “I mali del nostro mondo sono la violenza, le intimidazioni, le problematiche economiche e match fixing (partite truccate), sono sulla bocca di tanti. Ed è giusto. Ma per esempio, dare un’occhiata agli spazi vuoti negli stadi ci indirizza verso un aspetto che può essere causa, in larga parte, di tante fra le cose che non vanno: l’assenza di norme certe da consegnare a chi vuole investire nel calcio”.
L’Asso calciatori non vuole chiudersi a riccio nell’ideale sindacale: “Siamo presenti e puntuali dove ci sono sofferenze di questa natura. Ma, e non sono il primo a rilevarlo, un fenomeno come il match fixing ha in larga parte una connessione alle problematiche economiche. Davanti a regole più chiare anche se stringenti, non ci sarebbero fughe di imprenditori ma anzi ne potrebbero arrivare altri, più solidi, oggi distanti dal mondo del calcio perché non si fidano dell’impalpabilità delle regole. Molti temono una contrazione dei posti di lavoro. Io no. Ci sono realtà tra i Dilettanti in grado di depositare accordi con calciatori per svariate decine di migliaia di euro a stagione. Consentire di operare serenamente a chi vuole farlo, impedendolo a chi invece non è all’altezza, non causerebbe nessuna contrazione dei posti di lavoro”.
Si torna poi sul discorso violenza: “Questo fenomeno si può arginare con le regole, ma non soltanto. Dico subito una cosa che riguarda i calciatori: trovo sbagliato chiedere scusa ai tifosi quando si perde una partita. Se uno dà sempre il massimo, in campo si può perdere. Il che vale anche per certe società che stilano comunicati di critica pesante per il rendimento della loro squadra. Noi facciamo report stagionali sugli episodi violenti, l’ultimo relativo alla passata stagione indica che la metà di questi eventi si verifica nel mondo dei dilettanti. Anche qui è questione di regole: gli inglesi hanno fatto qualcosa di importante davanti al fenomeno degli hooligans, dovremmo prendere spunto da loro perché oggi hanno gli stadi pieni, le famiglie, lo spettacolo”.
Nell’ultimo periodo si parla di riforme di campionati imminenti: “La soluzione non può essere la semplice riduzione del numero delle squadre. Il discorso va affrontato più a largo raggio. Con la Lega Pro, per esempio, parliamo di giovani, di over, di liste. Il nostro sindacato vuole un maggior numero di lavoratori messi nelle condizioni migliori per operare. Che non significa semplicemente avere ingaggi più ricchi, ma poter operare in un contesto che consente innanzitutto alle proprietà dei club di agire con chiarezza, con regole certe, potendo quindi rispettare gli impegni. Il resto lo fa un’opera di crescita culturale che può essere agevolata da un quadro complessivo che viene curato sotto ogni aspetto”. Non solo tutela sindacale: “Se ci fermassimo soltanto all’aspetto diretto, il beneficio sarebbe parziale. Noi vogliamo bene al calcio, vogliamo vederlo migliorare sotto ogni punto di vista. E siamo pronti a collaborare, davanti a soluzioni vere”.