Tim Howard lascia il calcio. Lo fa a modo suo, con un'ultima, splendida parata al 31' del secondo tempo di Colorado Rapids-Dallas FC (3-0 per i padroni di casa, il risultato finale). Sì, perchè parare è l'unica cosa che gli è sempre interessata. Nonostante tutto, nonostante le difficoltà. Tre anni al Manchester United, poi un decennio all'Everton prima di fare ritorno nei suoi Stati Uniti. Le difficoltà, appunto, come la Sindrome di Tourette, la malattia neurologica che lo ha colpito sin dall'infanzia, ma che non gli ha impedito di svolgere una carriera di tutto rispetto. Protagonista in Premier League e con la nazionale degli States: 121 presenze in 15 anni, recordman per quanto riguarda i portieri. Tutto questo pensando sempre e solo a una cosa, l'unica che conta davvero: parare.
Tim Howard ha avuto da sempre il calcio come priorità. Anche per affrontare la brutta malattia che lo accompagna da quando ha 9 anni. La Sindrome di Tourette gli provoca scompensi, tic motori e difficoltà di espressione. Una difficoltà che purtroppo non lo ha mai abbandonato, ma che di certo non lo ha abbattuto. Anche quando i giudizi dei media e dei tifosi non sono così teneri nei suoi confronti. L'arrivo a Manchester, per lui, è allo stesso tempo un sogno e un incubo. Ha raggiunto i palcoscenici sempre sognati, ma allo stesso tempo viene anche etichettato come "il portiere con la malattia neurologica". Un paio di stagioni complicate allo United, poi arriva la chiamata dell'Everton e in quel momento la carriera e la vita di Tim Howard subiscono una svolta positiva.
Con i Toffees gioca delle ottime stagioni e diventa ben presto un idolo dei tifosi. Non solo, comincia ad affrontare la malattia con uno spirito e un coraggio differenti. "Ora non mi vergogno più di andare in televisione, lascio andare i miei movimenti e in un certo senso mi sento addirittura figo", dichiara Howard in un'intervista ai tempi dell'Everton. Un gol da 90 metri, il 4 gennaio 2012, nella partita giocata contro il Bolton come ciliegina su una bellissima torta costruita in 10 stagioni. Sempre con massimo rispetto, però. Lui che sa bene cosa voglia dire essere preso di mira, decide in quell'occasione di non esultare. Rispetto nei confronti del collega avversario, che di certo non ha compiuto un ottimo intervento. Howard entra così nella storia della Premier League: il suo, infatti, è il gol da più lontano di sempre nel campionato inglese. Scritta una pagina della storia, ma non sarà l'unica...
Eh sì, perchè il portiere statunitense entra nella storia anche dei Mondiali. E' il primo luglio del 2014 e a Salvador De Bahia si gioca l'ottavo di finale tra Belgio e Stati Uniti. La formazione, tra gli altri, di Mertens e Lukaku è nettamente favorita ma non ha fatto i conti con Tim Howard. 16 parate in 90 minuti, alcune miracolose, mai nessuno come lui. Entra nella leggenda e trascina i propri compagni fino ai supplementari, mantenendo il risultato inchiodato sullo 0-0. Purtroppo per lui, sarà costretto ad arrendersi alle reti di De Bruyne e Lukaku e sarà il Belgio a raggiungere l'Argentina nei quarti. Ma questo conta poco, un'altra pagina memorabile che rimarrà per sempre sui libri di storia del calcio è stata scritta. L'autore è sempre lui, Tim Howard.
L'uomo dei record, a 40 anni e dopo 3 stagioni con la maglia dei Colorado Rapids, lascia il calcio e la sua squadra gli ha voluto dedicare un bellissimo video su twitter.
Ci lascia in eredità una grande lezione: quella di non arrendersi mai alle difficoltà e lasciare libere le proprie emozioni, senza vergogna. Howard lo ha fatto, senza mai dimenticare cosa lo rendesse davvero felice: giocare e parare, sempre.
A cura di Alessandro Gardella