Dopo la scomparsa del padre e a distanza di 5 mesi dall'addio al Boca Juniors, Carlos Tevez è tornato a parlare del suo presente e del suo futuro nel mondo del calcio.
"All'intervallo mi fermavo e piangevo. Giocavo per mio padre"
“Sto ancora bene, non ho lesioni al ginocchio o alla caviglia, ma psicologicamente per come lo vivevo dovevo stare al 100%. Sì, oggi sto molto bene, ancora in lutto perché non è una cosa facile: il lutto continua, il dolore non è che sta passando, ma diventa sempre più grande quando si perde un caro come mio padre. Bisogna saper convivere con questo dolore”, così l'Apache a ESPN.
Il 37enne ha poi parlato del suo rapporto con il calcio oggi e negli ultimi mesi della sua esperienza al Boca. A inizio estate scorsa aveva detto che si sarebbe ritirato definitivamente, ma le porte non sembrano del tutto chiuse: "Oggi il calcio non mi manca. Se arrivasse qualcosa che mi motiva e mi fa venire voglia di farlo, non lo so... Quando guardo la Juve, o il Boca, cerco di trovare quel fuoco dentro di me per dire che sono motivato a giocare ancora sei mesi o un anno, ma non lo trovo. Vorrei trovare un equilibrio per poter giocare a calcio, ma anche per essere felice. Non con quella pressione che ti fa impazzire. Quello che mi è successo alla fine è che portavo molte cose personali, le portavo come un campione, non è facile far ricoverare tuo padre per un anno sapendo che non aveva possibilità... all'intervallo mi fermavo, mi mettevo a piangere e poi me ne andavo come se niente fosse. Questo è quello che abbiamo vissuto io, i miei compagni, l'allenatore e la mia famiglia. La gente del Boca, la mia famiglia, le persone che volevano vedermi bene mi hanno reso forte. Sapevo che dovevo indossare la maglia, la fascia e andare a giocare. Pensavo che fosse ciò che rendeva felice mio padre e che mi dava la forza per continuare. Fino a quando non ne potevo più”.
"Futuro? Non lo so, oggi mi godo la famiglia"
"Futuro? Non lo so nemmeno io..."
Sul suo futuro poi ha aggiunto: “Non mi immagino niente. Oggi si dice ex giocatore o giocatore, faccio il corso da allenatore da un anno, comincerò ad allenare l'anno prossimo e sto vedendo quello che voglio veramente. La mia famiglia, i miei amici e il mio agente stanno aspettando di sapere cosa farò della mia vita, ma non lo so nemmeno io. Quattro mesi fa ho smesso di giocare ed è come se costasse di più a chi mi sta accanto che a me stesso. Quando sentirò il bisogno, mi preparerò e farò del mio meglio. Che sia tecnico o dirigente. Oggi non posso dirlo perché mi sto godendo questo momento con la mia famiglia. Mi hanno tentato dall'estero, ma se oggi mi dici di alzarmi alle 6 per andare ad allenarmi, io ti dico di no. Gioco con i bambini del quartiere. Fino a quando non troverò davvero qualcosa che mi motiva, non mi muoverò".