Appena 10 presenze per stabilire il nuovo record stagionale di marcature. Marco Benassi sta vivendo l'anno della consacrazione: non lo dicono solo le quattro reti. Il giovane centrocampista modenese è diventato il leader del centrocampo del Torino e c'è chi è pronto a scommettere che preso diventerà anche uno dei pilastri della Nazionale. Tra i suoi estimatori c'è Marco Tardelli: che sia il suo erede?
"Benassi alla Tardelli? E’ sempre difficile fare paragoni tra il calcio di oggi e quello di ieri: è diverso, tutto" - dichiara l'ex centrocampista della Nazionale campion del mondo '82 a Tuttosport - "Però capisco chi ci rivede alcune mie caratteristiche, soprattutto negli inserimenti e nel modo di ribaltare l’azione, dal contrasto all’offensiva. Rispetto a me però gli manca ancora una certa fase difensiva, diciamo pure di grande marcatura: insomma, io - che sono cresciuto terzino, dopo essere nato punta - ho marcato gente come Maradona, Keegan, Platini. E poi correvo su, a infilarmi davanti. Ecco, se cresce anche in quello e impara a difendere così, allora... Di sicuro con lui, Baselli, Belotti, sto vedendo una squadra davvero interessante, costruita con una prospettiva futura importante, anche in ottica Nazionale, e questo mi rende particolarmente contento e ammirato, perché sapete per me quanto conti l’azzurro. Questo Toro mi trasmette tanta positività per il calcio italiano".
Nel Toro c'è anche un altro gioiellino a centrocampo, Daniele Baselli: "Io lo accosto a Zaccarelli. Eleganza e precisione, anche se di eleganti come Zacca non ho mai più visto nessuno. Mihajlovic gli ha detto di tirare fuori gli attributi? Bisogna sempre capire che certe cose vengono dette e fatte per il tuo bene, e di conseguenza accettarle. L’importante è che non manchi mai il rispetto, nelle cose e nei momenti che contano. E poi Sinisa è fatto così: pretende tantissimo, soprattutto da chi considera particolarmente bravo e dotato. Se intravede la qualità, pretende che esca. Così come la grinta. E’ uno che non molla mai, è sempre sul pezzo, chiede un atteggiamento aggressivo anche quando sta sul tre a zero: l’ho notato giusto nell’ultima partita contro il Cagliari. Pressing, pressing... Del resto era così anche da giocatore".
Prima di chiudere l'intervista Tardelli svela un retroscena: "Pensate che sarei potuto diventare granata: dal Toro fui scartato. Ero ragazzino, mi chiamarono al Filadelfia, quel campo leggendario, per un provino. Si respirava nell’aria, vivo, il mito di Meroni, morto da poco. Il fenomeno del momento era Mondonico. Non mi presero. Dopo le vittorie più prestigiose con la Juventus, o nei momenti importanti, mi veniva l’impulso, avvertivo l’esigenza di camminare fino in cima al Colle di Superga, un luogo storico. Partivo senza che nessuno lo sapesse e mi vedesse, mi fermavo là davanti a quella lapide, a leggere quei nomi. Mazzola. Valentino Mazzola. Il miglior giocatore italiano di tutti i tempi. Era per una fonte di ispirazione. E poi, ragazzi, io ho avuto Bearzot: maestro di calcio e di vita. Aveva l’anima granata, il Vecio, e per sfottermi mi diceva sempre: tu dovevi giocare nel Toro, non nella Juve. E io replicavo a tono: no, grazie a Dio sto nella Juve e vinco di più. Così eravamo".