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Data: 16/02/2018 -

Strutture e fiducia, l'Albinoleffe guarda al futuro. Giacchetta: "Dalla campagna al Napoli di Maradona, così porto la mia esperienza ai giovani".

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Napoli, stadio San Paolo, prima giornata del campionato 88\89. Gli azzurri sono bloccati sullo 0-0 contro l'Atalanta, ma una storia bellissima sta per essere scritta. Quella di Simone Giacchetta. 19 anni appena compiuti e un doppio salto, che lo vede passare dalla Serie C alla A, dal Cesena al grande Napoli di Ottavio Bianchi. E’ lui a segnare il gol decisivo in pieno recupero, a correre come un pazzo sotto la curva, nonostante i tentativi di buttarlo giù da parte dei compagni: “Allora non c’erano le televisioni – ci racconta – da ragazzi la Serie A si poteva conoscere solo stando con le orecchie attaccate alla radiolina”. Già, Tutto il Calcio Minuto per Minuto, le voci di Sandro Ciotti ed Enrico Ameri, la Gazzetta dello Sport: “Pensarsi in Serie A era come pensarsi sulla luna – continua – i calciatori sembravano degli ufo”. Per Simone in modo particolare, lui che da un paesino di campagna arriva al grande calcio: “Ho giocato con Careca e Alemao, Ferrara e Maradona, campioni che hanno fatto la storia”. Sì, il Pipe De Oro. E’ proprio lui a passargi la palla decisiva in quel lontano pomeriggio del 9 ottobre. L’Atalanta protesta molto, perché sembra che Diego abbia colpito il pallone con la mano: “Ma lui è sempre stato così, più svelto e furbo di tutti”. Simone, intanto, dopo il gol non capisce più nulla. Gli inviati del Tg2 lo fermano in mezzo al campo, gli chiedono cosa stesse provando: “Non so che dire“ risponde. Giocherà poco poi, ma un nome se lo farà lo stesso. Dieci stagioni alla Reggina, tre anni al Genoa e uno al Torino. Tanta Serie A e tanta B. Un tumore alle ossa sconfitto con un’operazione nel 2010: “Anche per questo mi sento un esempio per i più giovani – ammette – Tanti sono i ragazzi che si avvicinano al campo con un borsone pieno di sogni. In tanti conoscono le marche e le belle donne. Pochi, però, sanno cosa sia il sacrificio e il gioco di squadra. E’ compito di noi adulti trasmetterlo alle generazioni future”. Lui lo sta facendo con i ragazzi dell’Albinoleffe, di cui è direttore sportivo dal 2016. Di anni adesso ne ha 48, ma la voglia di calcio è ancora molta. Due retrocessioni consecutive e altrettanti ripescaggi prima del suo arrivo. Seconda fase dei playoff l’anno scorso: “E quest’anno ci riproveremo – ribadisce – la stagione per ora è positiva anche se altalenante. Il riferimento è sicuramente la griglia playoff, alla quale noi ambiamo e per cui stiamo lottando. Ma il nostro scopo è ricostruire una certa mentalità dopo anni difficili, il che è la cosa più complicata”. Anche perché il girone è, probabilmente, il più duro di tutta la Serie C. Anche perché "Giochiamo con tanti giovani”. Fra i quali c’è un certo Mario Ravasio, seconda punta classe 1998. Cresciuto nel vivaio dell’Albinoleffe, fino alla convocazione nell’Italia Under 20 di Guidi: “E’ un ragazzo molto educato, operaio nel lavorare e in allenamento. Ha una mentalità che lo porta a non specchiarsi sui social, ma a concentrarsi solo sul campo. Vuole fare il calciatore, a prescindere dalla categoria. Oltre a questo ha un fisco imponente, è una montagna di muscoli di 1,86, con il fiuto del gol”.

Che il ragazzo avesse delle qualità, lo si era visto già l’anno scorso. Gol al Venezia di Inzaghi, al Padova nei playoff. Anche al Cittadella in Coppa Italia ad inizio agosto. Abbastanza per richiamare alla mente un paragone piuttosto importante con un certo Belotti, che proprio qui è cresciuto: “Si somigliano fisicamente, Belotti ha più corsa nel trascinare gli avversari, Ravasio è più da ultimi metri. E’ utile tanto all’economia del gioco quanto alla realizzazione”. E pensare che lo scorso dicembre il buon Ravasio aveva chiesto un’esperienza in D, perché voleva giocare il più possibile: “Ma mi sono impuntato per trattenerlo – ci racconta Simone – Sono stato a parlare con lui e il padre in sede fino alle 22, per due volte. Abbiamo sempre creduto in lui, fortunatamente lo ha capito. Poi non aveva la patente, non poteva spostarsi (Ride n.d.r)”. Mentalità e fiducia, tutto il necessario per lanciarsi verso un futuro interessante. Dala tentazione D al sogno A. Chissà, potrebbe essere una delle più belle storie del prossimo mercato: “Può arrivare a livelli importanti. Metto al primo posto la mentalità, poi la tecnica. Lui ha tutto, anche quel fiuto del gol che è determinante. Ritengo che possa essere un ragazzo oggetto di mercato questa estate". Merito anche di una società, l’Albinoleffe, che sui giovani ci punta eccome: “Abbiamo cinque campi da calcio, di cui uno sintetico. Dalla scuola calcio fino alla Berretti, la nostra è una catena di montaggio continua che si ripete durante gli anni”. Così nascono i grandi giocatori come Belotti. Così nascono i grandi uomini come Simone Giacchetta con favole bellissime alle spalle.

Tags: Lega Pro



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