Da Re Mida a demolitore di sogni il passo è troppo semplice e quindi fuorviante per raccontare un periodo complesso e ristretto come quello di Monchi a Roma. Per sedici anni ha generato plusvalenze a Siviglia. Non solo ritorno economico, ma anche di vincite e trionfi. Nove coppe alzate al cielo dagli andalusi in sedici finali. Accolto a Roma come si accoglierebbe un calciatore. Un top player nel suo campo, quello che temporalmente va da giugno a fine agosto e nel mese di gennaio, ma solo per riparazione. Quel calciomercato che l’ha visto protagonista in estate, portatore di sogni e speranze, immobile e tacito invece due mesi fa. Per lui parlavano i risultati appunto, quelli che i tifosi chiedevano dopo un periodo anch’esso travagliato con Walter Sabatini come direttore sportivo.
Niente di tutto questo però è stato replicato a Roma. Forse perché lo stesso elemento estrapolato dal suo contesto naturale e trapiantato in uno estraneo difficilmente replica gli stessi successi, venendo considerato come un virus e quindi poi fagocitato. Così è stato per Ramon Rodriguez Verdejo. Così era stato anche per Luis Enrique: entrambi vincenti in Spagna, sconfitti a Roma. Le plusvalenze, quelle le ha sempre avute nel DNA, ma se fini al mero ritorno economico sono lama tagliente al servizio della critica dei tifosi. Tante cessioni, necessari sacrifici sull’altare del Fair Play Finanziario. Pretesto labile per chi di vittorie ed emozioni vive, ma di ricavi e plusvalenze non ne vuol sentir parlare.
Eppure la Roma guidata nel mercato da Monchi si è dovuta rimboccare le maniche. Vendere bene e comprare con parsimonia, per tenere alto un monte ingaggi che altrimenti sarebbe stato difficile da mantenere. Vendere bene appunto. In estate oltre cento milioni sono arrivati da Nainggolan (38), Alisson (62,5 più 10 di bonus) e Strootman (25), ancora più dolorosa visto il rendimento successivo fu quella di Salah nella stagione precedente. Soldi incassati dalla società, ma accettati malvolentieri dai tifosi, anche perché non corrisposti al secondo periodo della frase: comprare con parsimonia.
Più di 100 milioni sono stati spesi per Schick, Pastore, Karsdorp e Kluivert, 73 presenze in quattro e sei gol fatti in totale. In totale invece sono 264,7 i milioni di euro spesi dal direttore sportivo spagnolo nell'esperienza giallorossa. Ma non è stato questo a decretare l’insuccesso dello spagnolo. È stato lui con le sue stesse parole a sancirne il benservito: “Sono venuto qui per vincere, non per mettere a posto i conti”. Di vittorie non ne sono arrivate, ma a a tenere alta la nomea di scopritore di talenti ci stanno già pensando Under e Zaniolo.
Come è stato per chi l’ha preceduto, non solo gli acquisti sono stati di Monchi ma lo saranno anche le future cessioni. Patrimonio ormai assodato della Roma. Perché come disse lui: “Non esistono cattivi acquisti ma solo cattivi rendimenti”. Affondato da una stagione di delusioni e poche gioie.
Quelle per cui era stato atteso per 5 anni nella sua Siviglia prima di vederne i risultati. Troppi per la pazienza dei tifosi giallorossi, ma anche per quelli che si era imposto per far ritornare la Roma vincente: “Qui non c'è il cartello 'si vende', ma uno con scritto si vince. Se in due anni non vinco me ne vado", disse all’inizio. Nessun successo, promessa mantenuta.