Un colosso per… protagonista! (e anche per amico, si sa mai). Esulta il Perugia per il tre a zero contro l’Avellino, esulta Salvatore Monaco al secondo gol in carriera. Come? A modo suo: calcio d’angolo e colpo di testa perfetto, millimetrico. Perché il calcio è anche una questione di centimetri: uno in più, uno in meno possono fare la differenza. E lui di centimetri ne ha, eccome. Il colosso, non a caso, 1,92. Forte fisicamente, ‘non finisce mai…’ la classica frase di chi lo vede per la prima volta.
E’ lui a sbloccare la partita al 24’ del primo tempo. Ma, da buon ‘testa dura’, ci riprova anche nella ripresa. Questa volta, però, la Tiché gli è avversa. Personalità importante e carisma da leader (effettivamente obiettare le sue tesi dev’essere difficile o comunque poco conveniente…), così si è conquistato la fiducia di Bucchi. Lo conferma titolare, lo incita, lo incoraggia perché Monaco ha bisogno di empatia, rivela chi lo conosce bene. In pochi mesi si è preso il Perugia, dopo una seconda parte di stagione difficile tra problemi fisici e squadra che non girava. Ma ora quelli sembrano tempi lontani, anche per i ‘fedelissimi’ del Curi. Oggi il Perugia vince e diverte. E se non vince gioca bene. Con un Monaco in più. E pensare che…
No, niente di strano. Beh, insomma… “E pensare che stava per smettere! Era il 1 settembre 2014 – racconta Nicola Ciardi, procuratore non suo, specificazione opportuna ma grande amico di Salvatore ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – e Monaco voleva dire addio al calcio. Facciamo un salto indietro, però. Un giorno andai a vedere una partita del Taranto che era in Serie D, era una partita di Coppa e c’era questo ragazzo che giocava titolare al centro della difesa. Alto, prestante fisicamente, uno che teneva benissimo la posizione. Mi sembrava davvero bravo, così mi ero informato un attimo e oltre al fatto che suo papà giocò in A con il Catania, avevo scoperto che a Taranto non stava trovando molto spazio ed ero stato, diciamo fortunato, perché quella fu una delle pochissime partite nella quale Salvatore giocò titolare. Rimasi impressionato e stupito da questo ragazzo, classe ’92 ma poi la cosa finì lì…”.
Ma quando ci si mette di mezzo il destino, purtroppo o per fortuna come in questo caso… “Ultimo giorno di mercato, 1 settembre 2014. Ad un certo punto vedo Salvatore che gira da solo per l’hotel del calciomercato con una faccia così affranta che me la ricordo come se fosse ieri. Mi si avvicina e mi fa: ‘Nicola, devo andare via da Taranto ma non ho una squadra e non so che fare’. Per lui era difficile trovare squadra perché effettivamente di presenze ne aveva fatte davvero poche. Io, peraltro, non avevo la sua procura né potevo chiedergliela a poche ore dalla fine del mercato. Finiamo di parlare e senza dirgli nulla comincio a sentire una ad una tutte le squadre di Lega Pro che fossero alla ricerca di un centrale difensivo, ma poca roba. Ci incontriamo di nuovo alle 22…’Nicola, io smetto di giocare!’. Rimasi senza parole, ‘ma come smetti?’. Era un peccato che un difensore così bravo smettesse”. Mancano venti minuti alla fine del mercato, sono le 22.40 spaccate quando Camilli, il presidente del Grosseto chiama Ciardi e Alberto Quistelli: “Mi dice che gli è saltata una trattativa e in pochi minuti devono fare un difensore. Corro per l’hotel, chiamo subito Salvatore e glielo porto davanti. Camilli lo guarda e gli fa, ‘io te la do questa opportunità, ma poi te la devi guadagnare sul campo’. Salvatore con una determinazione unica gli risponde: ‘Presidente, io mi mangerò l’erba del campo’. E infatti poi ha cominciato a giocare titolare e ha fatto molto bene”.
La parentesi ad Arezzo e lo scorso inverno la chiamata del Perugia. “Lo volevano anche altre squadre di Serie B – ammette Ciardi – ma vi dico sinceramente che lui fin dal primo momento non ha avuto dubbi su quale fosse la scelta migliore”. La maglia biancorossa, la passione unica di una curva che vive per la squadra, quel Curi che vibra ad ogni gol…carpe diem, Salvatore.“Lui non parla mai degli allenatori, l’anno scorso non ha trovato molto spazio, ora invece Bucchi gli sta dando fiducia si vede che c’è un’empatia particolare. Monaco ha bisogno di questo. E’ un giocatore che ha caratteristiche particolari: può fare la differenza sui calci piazzati, ha una prestanza fisica unica, legge bene le situazioni e soprattutto ha imparato a dosare la sua irruenza, la sua ‘rabbia calcistica’. Salvatore è uno che fa funzionare la testa dentro e fuori dal campo, è uno che vive di e per il calcio. Una sera ci dovevamo vedere, mi chiama e mi fa: ‘Nicola, facciamo domani che stasera devo andare al letto presto che ho allenamento alle 11’. Ne sentiremo parlare di lui…”.
Gli occhi di un amico, si sa, sono speciali, generosi, cordiali. Monaco in campo lo è un po’ meno: ringhia su ogni pallone, mica facile sfuggire dalla sua marcatura. E quel sorriso cela una voglia di calcio unica, di sentirsi protagonista e partecipe. Guarda al futuro, Salvatore. Le 22 del 1 settembre 2014? Panta rei…