A Trieste nulla è banale. Piazza Unita d’Italia, quel mare in sottofondo che trasmette un senso d’infinito unico. Atmosfera totalmente sui generis, bellezza tutta sua, misteriosa e affascinante. Difficile da descrivere, come sono complicate da raccontare le vicende calcistiche che in questi ultimi anni hanno affranto la Triestina. Il disincanto dei tifosi, la disillusione della gente… ‘Ormai abbiamo solo lo stadio…’.
E alla fine della scorsa stagione un’altra pagina di storia di colore nerissimo stava per esser scritta: giocatori che non prendevano un euro, zero abbonati e lo spettro del fallimento che aleggiava inquietante pronto a scalfire – per l’ennesima volta – una bella storia, fatta anche e di gioie e trionfi. A volte – come in questo caso – è piacevole parlare al passato e lasciare indietro i ricordi. Contraddire può rasserenare, no? Nemo propheta in patria; ma ne siamo sicuri? Mario Biasin e Mauro Milanese, due triestini doc, prima la salvano dal fallimento, poi ripartono dal campo. Ricostruiscono, mattone dopo mattone, con una razionalità invidiabile, con il chiodo fisso di non voler ‘correre’ mai e fare le cose per volta, fatte bene. Cinque giornate, girone C di Serie D: la Triestina è in vetta alla classifica e in città è tornata la passione per il calcio. Un miracolo? Forse.
Non lo definisce come tale Mauro Milanese, ‘razionalista’ di natura e di fama, perfezionista di professione. Parla poco, agisce molto: crea, dal nulla. In estate costruisce la squadra in dieci giorni (dieci!), ri-organizza il settore giovanile, ottiene titolo sportivo e stadio, restituisce – insieme a Biasin ovviamente – dignità e vanto ad una piazza che non meritava l’ennesima delusione: “Io e Mario siamo cugini di primo grado e siamo voluti tornare qui, nella nostra città per voler dare un qualcosa in cambio alla nostra gente, a Trieste che ci ha dato tanto. Mario quando aveva 3 anni è partito con la nave e si è trasferito in Australia: è andato là senza soldi e ha costruito un impero, è leader nel settore delle costruzioni ora. Vive a Melbourne ed è anche il presidente di due squadre: il Melbourne Victory e l’Essendon, una società di calcio australiano – una cosa a metà tra il nostro calcio e il rugby. E, cosa non da poco – racconta Milanese ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – l’Essendon rappresenta il rione dei triestini a Melbourne, dove i nostri avi erano emigrati”.
Oggi, dunque ad occuparsi direttamente della situazione della Triestina è lo stesso Milanese, che in organigramma figura come Amministratore unico e Responsabile dell’Area Tecnica: “E’ una bella responsabilità, nei confronti dei miei concittadini chiaramente ma anche verso mio cugino. Io ci sto mettendo il massimo impegno. L’obiettivo è di tornare entro due anni tra i professionisti. Vi dico la verità, nel 2018 festeggiamo il centenario e mi scoccerebbe tantissimo essere ancora in D. Quando siamo arrivati la situazione era disastrosa: giocatori senza soldi e senza casa, una società che stava per fallire. Eravamo terz’ultimi in classifica quindi abbiamo fatto un investimento rischioso perché potevamo anche retrocedere. Ma abbiamo deciso di prenderla ugualmente perché altrimenti la Triestina sarebbe sparita e avrebbe dovuto ricominciare dalla terza categoria”. In pochi mesi è cambiato tutto, ma Milanese non dimentica. Ci sono delle immagini – ammette – che sono indelebili: “Non potete capire quanto mi ha fatto male, quando sono arrivato, vedere i ragazzi arrivare al campo con le scarpette dentro le buste della spesa, il fatto che non avessero manco i soldi per mangiare. Venivano buttati fuori di casa perché non avevano con che pagare gli affitti”.
Punto e a capo. Mai più. “Trieste non merita questo”, lo ripete Milanese. Che ha costruito una squadra totalmente nuova: “Comprare i giocatori è stata la cosa più semplice. Il 10 luglio prenoto il ritiro, il mister viene da me e mi fa… ‘Mauro, ma sei sicuro? Non abbiamo praticamente nessuno’. Io gli dissi: ‘Intanto ti ho preso uno forte oggi, poi vedrai…’. E infatti abbiamo costruito una buona squadra”. Quello forte? 7 gol in 5 partite, Carlos França. “Ho visto in lui quel brasiliano che avrebbe potuto farci fare il salto di qualità. E’ stato il primo giocatore che ho preso. Tant’è che mi chiese… ‘Mauro ma chi altro hai preso?’ Bella domanda! ‘Intanto prendo te perché sei il più forte”.
Ha le idee chiare Milanese, un tipo molto deciso. “Non so entro quando, ma riporterò la Triestina in Serie B!”. Ma come dice mio cugino… ‘pian, pianin. Sempre bene e sempre dritto’. Ora sono finalmente arrivate le prime gioie, sul campo (4 vittorie e 1 pareggio) ma soprattutto nella quotidianità: “E’ indescrivibile l’emozione che provo quando i miei ex compagni di calcio all’oratorio o di scuola mi fermano in giro per la città e mi ringraziano per aver salvato la Triestina. Ristabilire la credibilità e un rapporto positivo con i tifosi è stata la cosa alla quale tenevamo di più. L’anno scorso avevano fatto 0 abbonamenti. Un grande segnale di intelligenza per danneggiare soprattutto i molti presidenti che sono passati da qui con il solo fine di ‘incassare gli abbonamenti’ e poi rivendere la società o passarla di mano, senza la minima copertura economica. Al Nereo Rocco la stagione scorsa c’erano 200 persone, ora facciamo più pubblico di tutte le squadre del girone C messe insieme. Domenica c’erano 4 mila persone”.
A modo loro, Biasin e Milanese sono già entrati nel cuore dei triestini: con coerenza e dignità. Perché, per quanto sia difficile dirlo, a volte non si vive di sole vittorie. Certo se poi arrivano tanto meglio…pian pianin.