C’era una volta in cui il triplice fischio dell’arbitro sanciva la fine dei giochi. Classifiche e risultati determinati dal campo. Lì si fondevano gioie e delusioni. I campionati non avevano tempi supplementari in borghese. Quel tempo oggi non c’è più. Squadre negli spogliatoi, giudici al posto degli arbitri e avvocati a giocarsi il futuro dei club.
Da qualsiasi parte la si guardi, tutto questo fa male. Realtà ribaltate a colpi di sentenze. Come in un romanzo di Philip Dick, come avviene in una serie B che non trova pace.
Senza entrare nel merito delle decisioni prese, i tempi della giustizia sportiva sconvolgono il ritmo delle stagioni. Alla fine del campionato di serie B, il Palermo era ai playoff per inseguire la promozione. Tre giorni dopo una decisione del tribunale federale lo mandava in C e adesso la corte d’appello lo riporta in B. Penalizzazione di 20 punti e un incubo per 3: Venezia, Salernitana e soprattutto Foggia.
Come scritto dal campo, adesso dovrebbero – il condizionale è d’obbligo – giocarsi i playout tra Venezia e Salernitana. Il Foggia retrocede in C. Piange per la seconda volta, dopo averlo fatto sul campo a Verona. Sono passati 18 giorni da quell’11 maggio. Tre settimane in cui giocatori e tifosi hanno vissuto un Purgatorio di montagne russe. Loro, come quelli delle altre squadre in ballo.
Mentre i calciatori continuavano ad allenarsi senza sapere se sarebbe servito, i tifosi assistevano inermi a “partite” senza il pallone. E alla fine sono loro le vittime di questo ping pong. A Salerno, il 19 giugno, festeggeranno il centenario di fondazione del club. Ancora non sanno in che categoria saranno quel giorno. Magari saranno in campo, a disputare un playout senza due giocatori fondamentali come Jallow e Memolla. Sì perché dal 2 giugno le squadre dovranno liberare i loro giocatori per le rappresentative nazionali.
Se si giocheranno i due scontri salvezza, la Salernitana non potrà contare su di loro, così come il Venezia non potrà avere Vrioni, convocato dall’Under 21 albanese. Con la sua consueta ironia, Serse Cosmi, allenatore dei veneti, aveva “predetto” su Instagram un grottesco destino: uscire da una discoteca di Ibiza il 17 giugno ed essere avvertito che il giorno dopo si sarebbero giocati i playout. Quel post oggi fa meno ridere.
Cosmi e Menichini, suo collega della Salernitana, oggi devono raccogliere due truppe che improvvisamente si trovano a giocarsi il futuro sul campo. Vacanze cancellate, famiglie innervosite, destini rimessi in gioco da chi non gioca. Tanti saluti a Formentera e alle Instagram stories da luoghi esotici, c’è ancora da sudare. Forse, perché mica è finita.
Le società si appelleranno al collegio di garanzia del Coni, ultimo grado di giustizia sportiva, o al TAR. Verranno fissate date calcistiche e intanto si continuerà a lottare su due fronti: stadi e tribunali. Come in un brutto sogno, quelli dai quali nessuno riesce a svegliarsi. Si sentivano così a Palermo, stanno così ora a Foggia. Ieri i tifosi s’immaginavano allenatori, oggi sono costretti a improvvisarsi giuristi. Tutti a studiare carte, tutti appesi a una sorta di VAR senza immagini. Esultanze e delusioni differite. L’estate in Italia non arriva, proprio come la fine di una serie B che doveva essere a 22, si è ritrovata a 19 e adesso chissà.
C’è una finale playoff da giocare e un playout che sta cambiando costantemente forma e colore. Ci sono giocatori, allenatori e tifosi in attesa. Sono all’entrata del tunnel, come quando si sta per entrare in campo. O in aula, ormai non si capisce più.
Il problema è capire se da quel tunnel si sta uscendo davvero, una volta per tutte.