“Amo la mia Toscana e…Maurizio Sarri”. Un amore di quelli platonici, nato ad Empoli e portato avanti, ormai, a distanza. Feeling a prima vista, di cui Emanuele Rovini – giustamente – se ne compiace. Al punto che bastano davvero poche parole per palesare tutta la sua gratitudine, “è arrivato dove merita, a giocare nello stadio più bello al mondo, il Santiago Bernabeu”. D’altronde, quando il legame è forte, non servono molti giri retorici. I segni d’affetto sono così tangibili che, a volte, basta un semplice sguardo.
Ammaliato, affascinato. E, a due anni di distanza, Rovini ricorda tutto del suo Prof. sarà forse perché la geografia si è divertita a spostare soltanto un po’ più in là (ora indossa la maglia della Pistoiese) la sua passione (classe ’95, lavoro non suona poi benissimo)? “Devo tutto a Sarri. Innanzitutto perché all’Empoli nonostante potessi essere considerato l’ultima ruota del carro, mi ha sempre fatto sentire parte integrante del gruppo. E’ questa la sua forza, riesce a tenere tutti sul pezzo, con lui non c’era un giocatore che non andasse al campo d’allenamento con il sorriso. Mi ha insegnato umiltà e spirito del lavoro, viveva al campo praticamente”. Una lettera d’amore in piena regola, tra aneddoti e ricordi. Uno in particolare… “A gennaio decisi di lasciare l’Empoli per andare alla Spal, una scelta che col senno di poi forse non rifarei. Lui venne da me e con la sua solita schiettezza mi disse: ‘Se te non sei in Nazionale fra tre o quattro anni, io non c’ho capito niente del calcio’. Detta ad un ragazzino di 19 anni fa un certo effetto! E mi capita di pensarci spesso, mi dà la forza per andare avanti. A costo di essere ripetitivo: non smetterò mai di ringraziarlo…”. Magari a Natale puoi fargli un regalo speciale, “forse un pacchetto di sigarette in senso simbolico. Fumava tantissimo e scherzava spesso, soprattutto fuori dal campo, ne sapeva di barzellette”.
Scherzi e…gradoni? “No, no tutt’altro lavoravamo moltissimo con la palla. Infatti c’era davvero gusto ad allenarsi con lui. Spero un giorno…”. Un po’ titubante, non sa se dirlo, vuoi per scaramanzia, vuoi per non ‘scontrarsi’ con quel precetto d’umiltà che per Rovini significa davvero tanto… “E va bene dai, lo dico: spero che Sarri possa tornare ad essere il mio allenatore. Con lui ho toccato la Serie A e con lui – racconta ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – vorrei finirla”. Tutto bello e condivisibile, ma l’Udinese sarà d’accordo? “Io sono ancora di loro proprietà, mi hanno girato in prestito alla Pistoiese. A Udine non ho mai esordito, ma a giudicare da quello che sento credo che puntino ancora su di me..”. Da buon attaccante, esterno offensivo all’occorrenza, il paragone – piuttosto aulico, a dir la verità – è stato di quelli importanti: “Dicevano, soprattutto i giornalisti, che fossi l’erede di Totò Di Natale, mi ha fatto piacere per carità, ma bisogna rimanere umili. Spesso dopo gli allenamenti mi fermavo al campo a vedere Totò perché è davvero unico, mi ha dato molti consigli. ‘Emanuele cadrai tante volte, ma cerca sempre di rialzarti perché basta poco per arrivare a toccare le stelle. Così poco che nemmeno te ne accorgi’. Questa è un’altra frase che significa molto per me…”.
E Rovini tutto ciò lo ha sperimentato sulla propria pelle, a sedici anni quando si è rotto il piatto tibiale. Sei/sette mesi di stop e chissà… Invece no, si è rialzato con determinazione. Accompagnata, ovviamente, dall’umiltà del maestro. Contro tutti, indifferente al pensiero dei più, avanti per la sua strada e con le sue idee. Spirito libero Rovini, controcorrente per inclinazione e necessità. Giusto, mai farsi influenzare. Viva le proprie idee, viva il pensare con la propria testa. Questa è l’essenza ultima della vera libertà, non quella autoproclamata per farsi belli in qualche occasione. “Al punto che mi sono tatuato anche una carpa sul polpaccio. A costo di essere controcorrente, io vado avanti per il mio sentiero e non me ne frega nulla del giudizio degli altri”. E’ importante essere se stessi, non politicamente corretti. ‘Solo Dio mi può giudicare’, l’altro tatuaggio, sul braccio però. E infine tre stelle sul collo con le iniziali sue e dei suoi genitori.
Sarrismo, libertà e Totò. In tre parole il mondo di Emanuele Rovini. Sarebbero meglio sette, come i gol realizzati finora con la sua Pistoiese, ma gli diamo tempo per pensarci, dai. In fondo ha pur sempre ventuno anno. Due le aggiungiamo intanto noi (l’allusione alla libertà non è poi così casuale): merci beaucoup, monsieur Cyr… Emanuele.