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Data: 15/11/2016 -

"Se non avessi fatto l'allenatore? Sarei un agente di commercio". Il Semplici (D)uomo di Ferrara

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Se non avesse fatto l’allenatore, “sarei diventato agente di commercio”. Un po’ per forza. Perché punto primo l’attività era già bella che avviata, perché punto secondo a lui interessava fare tutt’altro. “Mio padre era proprietario di una ditta di pellami per abbigliamento così mentre giocavo a calcio in D facevo anche il rappresentante di prodotti di pelletteria. Quando mi prese il Grosseto in C a 33 anni decisi di lasciare tutto e dedicarmi solo alle mie passioni”. Ma se non avesse fatto il rappresentante di prodotti di pelletteria, forse oggi non sarebbe diventato l’allenatore che è. “Prima ero introverso, non avevo grande confidenza nel parlare, non comunicavo come avrei voluto e dovuto. Quel mestiere mi ha migliorato soprattutto a livello caratteriale”. Anche se ‘fare l’allenatore’ non era certo una priorità per Leonardo Semplici: la scintilla è scoccata un po’ per caso. “Fino al mio ultimo anno da calciatore non ci avevo mai pensato, credevo di non avere la stoffa, di esser bravo solo con i ragazzini della Primavera. Poi mi hanno affidato una prima squadra quando non avevo ancora il patentino e da lì è iniziato tutto”.

Ferrara. La città del Castello Estense, del Palazzo dei Diamanti e della SPAL. La città di Leonardo Semplici, da due anni ormai. Un 'ferrarese' dall’accento (e origini) fiorentino che da queste parti vale più del Duomo. “Quello ve lo concediamo, il mister no: è lui il nostro monumento più importante” ci sussurra un gruppo di tifosi. Leonardo sorride lusingato. Poi si volta e orgoglioso svela. “L’entusiasmo di questa gente è incredibile, sono la nostra forza, il nostro valore aggiunto”. Lo sguardo cade sulla banca che oggi non c’è più. "E’ bello che in un momento economico così delicato, la città trovi allegria e spensieratezza nel calcio, nel nostro calcio”. Ma Ferrara è anche la città delle innumerevoli bici che sbucano all’improvviso e dappertutto. Ne ha una anche lui, Leonardo Semplici. “Il primo anno, all’ottava vittoria consecutiva in campionato, il presidente me ne regalò una marcata SPAL. La conoscono tutti anche perché io mi muovo spesso in bici, ci vado pure allo stadio! Adesso che inizia a fare freddo però, vediamo, forse la poso”. Uno che conosce bene il posto, tanto nel meteo. “Se d’inverno fa freddo, qui fa freddo freddo. E d’estate uguale, con il caldo”. Quanto in cucina, dove sa cosa scegliere. "Salama, cappellacci o ciupeta? Mi prendo i cappellacci di zucca al sugo. E’ il piatto che consiglio anche ai miei amici. Ma anche la salama è da provare”. Com’è da vedere la sua SPAL giocare, divertente ma soprattutto vincente. E l’attuale quinto posto in classifica ne è la prova matematica. Anche se il vero segreto di questa squadra è il gruppo, Leonardo Semplici ne fa una questione di… chimica. Altro che numeri. Un must dell’allenatore ex Primavera Fiorentina: ‘camere fisse, mai’. Come come? “Quando andiamo in ritiro per preparare le partite, cambio ogni volta le coppie delle camere. Ruotiamo sempre”. Così anche a tavola: a modificare sono le postazioni a sedere. “E tavola che deve essere rigorosamente quadrata eh!” puntualizza lui. “Voglio che tutti si guardino in faccia e condividano il discorso, così aumenta il rapporto confidenziale tra i ragazzi”. Scaramantico lo era. “Ho smesso. L’anno scorso era un continuo di ‘mister, allora ci siamo’ oppure ‘mister, dai che torniamo in B’ e francamente avrei dovuto viaggiare con la mano sempre lì!”. Sì, proprio lì in basso. “Preferisco credere nel lavoro, meglio”.

Social lo sta diventando, piano piano. “Facebook non ce l’ho ma quando capita uso Twitter. Me l’ha fatto mio figlio. Ogni tanto scrivo qualche messaggino alla mia squadra”. Il film preferito è sempre quello da una vita. “Le ali della libertà”. Lo stesso di Pioli. Semplici, più lupo di mare o uomo del monte? “Ti posso dire che se non faccio almeno una settimana di mare all’anno per me non è vacanza. Ho la casa a San Vincenzo, prima frequentavo molto l’Argentario”. Un tipo che tendenzialmente non vive di rimpianti, anzi. Due sassolini che gli danno ’noia’ però ci sono. “Se avessi capito prima di essere un difensore centrale e non un centrocampista forse avrei fatto più C che D nella mia carriera di calciatore”. E poi la scuola. “Mi sono sempre accontentato perché pensavo solo al calcio. Macia mi consigliava di imparare l’inglese; mi auguro di colmare anche questa lacuna un giorno”. Noi gli auguriamo di cambiare (aggiornare, magari a fine stagione) la foto copertina del suo cuore. “La promozione dell’anno scorso”. Quella sportiva, precisiamolo. Perché “il momento più bello della mia vita in assoluto è la nascita dei miei due figli, Niccolò e Filippo. Uno vuole fare il cuoco, l’altro frequenta scientifico e gioca a pallone, per divertirsi”. Un po’ come papà in panchina. Un po’ come la SPAL di Leonardo. Semplicimente sorprendente.



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