Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Domenghini, Suárez, Corso. Una formazione nominata e imparata da intere generazioni. E non importava il colore della maglia. La Grande Inter degli anni 60’ era l’orgoglio di un paese intero. Anche i milanisti, i "casciavit", sapevano a memoria la formazione dei rivali "bausci"a allenati da Helenio Herrera. E il primo era lui, Giuliano Sarti, il portiere della storica squadra che ha portato l’Inter grande nel mondo.
Sarti non doveva fare il portiere. Era un venditore di frutta, nato a Castello D’Argile nella provincia bolognese. Dopo i rifiuti di Bologna e Torino venne acquistato dalla Fiorentina per sette milioni di lire. E’ Fulvio Bernardini a lanciarlo, perchè Sarti era il prototipo del portiere moderno per quell’epoca. Infatti, oltre alle grandi parate, garantiva sicurezza anche con la palla tra i piedi. A Firenze vince, e anche tanto. Uno Scudetto, una Coppa Italia e una Coppa delle Coppe, sfiorando poi la vittoria in Coppa dei Campioni nel 1957, perdendo in finale contro il Real Madrid di Alfredo Di Stefano. Ma il filo tra Sarti e la Coppa dei Campioni era appena cominciato ed è un altro argentino, come Di Stefano, a collegarlo. Ed è il Mago, Helenio Herrera, che vede in Sarti il portiere perfetto per la sua creatura, quella che sarebbe diventata poi la Grande Inter. Proprio con i nerazzurri il portiere di Castello D’Argile vince tutto: due scudetti, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Nel 1964, però, Sarti non giocò la finale contro il Real Madrid al Prater di Vienna, anche se Nicolò Carosio, radiocronista storico di quegli anni, non se ne accorse fino al secondo tempo. Carosio infatti si era perso l’infortunio dovuto a una pallonata durante il riscaldamento, ragione per cui giocò Ottavio Bugatti. All’epoca poi, giocando dall’1 all’11 non esisteva “l’aiuto” dei numeri per identificare i giocatori. Storie di coppe e di campioni.
I cinque anni all’Inter finiscono però con un errore fatale, che a Mantova costò uno Scudetto ai nerazzurri, per colpa di un cross interpretato male. La Juventus vinse quel campionato e la critica si scagliò contro Sarti, che però nonostante tutto l’anno dopo passò proprio ai bianconeri con il quale giocò solamente dieci partite. Ma il suo cuore era viola e nella partita decisiva tifò proprio per la Fiorentina. “Ero in panchina con i bianconeri per Juventus-Fiorentina ’69. Quando segnó la Fiorentina esultai. Heriberto Herrera mi chiese: ‘Ma che stai facendo? Hanno fatto gol loro, mica noi’ ed io risposi: ‘non possiamo piu vincerlo noi lo scudetto, é bene che lo vinca la mia Fiorentina”.
Un portiere straordinario, un uomo vero, che non ha mai nascosto i suoi sentimenti, come dimostrato anche dal rapporto turbolento di amore e odio con il Mago Herrera. Le vittorie, la papera di Mantova, il tifo per la sua Fiorentina. Questo, e tanto altro, era Giuliano Sarti. Senza di lui non ci sarebbe stata la Grande Inter, senza di lui non saremmo qua a ripetere la famosa formazione. Sarti, Burgnich, Facchetti… il resto viene da sé, come del resto anche le vittorie della Grande Inter.