Sette gol in undici presenze a 34 anni. “Ma voglio fare come Buffon, giocare finché mi sento bene fisicamente. Dunque, almeno fino ai 38…”: parole di Fabio Quagliarella ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. L’attaccante della Samp, ex - tra le altre - di Napoli e Juve, si gode da lontano la sfida-scudetto: “Arrivai in bianconero passando per traditore agli occhi della mia gente, quindi non me la sono goduta fino in fondo. Quegli anni sono una sintesi della mia carriera: ho avuto tanto, potevo avere di più. Senza infortunio al crociato, altri sei mesi come i primi sei e magari sarebbe stata la svolta della carriera. Però, mi sono fatto voler bene pur non giocando titolare e l’applauso dello Stadium quando andai lì con il Toro non me lo scordo. Come l’esclusione dalla lista Europa League: a gennaio, a due giorni dalla fine del mercato, dissi “Io non mi muovo”. E Conte: “Allora sei l’ultimo degli attaccanti”. Non lo meritavo”. Il presente, adesso, è blucerchiato. E invece, che si dice del… presidente blucerchiato? “E’ il primo presidente con cui ho un rapporto così poco formale: ormai facciamo a gara di battute. Mi disse “Fidati, vieni”: non era la Samp di oggi, ma credo al coraggio di fare certe scelte e alla sorte. Nel 2007 mi acquistarono alle buste, adesso sono qui perché il presidente mi ha voluto fortemente”, spiega Fabio. Caso-Nazionale: da napoletano in napoletano, contro la Svezia il popolo italiano voleva Insigne in campo. Ai tempi di Lippi, al Mondiale del 2010 in Sudafrica, le speranze erano riposte in Quagliarella che giocava troppo poco: “Amaro, sì: bastava che nel secondo tempo con la Slovacchia ci girasse un po’ bene. Però io a Lippi devo solo un grazie, anche se uscimmo da quel Mondiale e tutti: “Quagliarella doveva giocare di più”. Un tormentone, lui fece capire di essersi pentito, ma io davvero provo solo gratitudine: mi ha fatto vivere un Mondiale, e quello resta”
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