Che ci fa un calciatore da 350 presenze tra A e B in attesa di squadra a fine ottobre? La risposta di Salvatore Molina, 31 anni e ultima esperienza a Bari, è specchio del suo modo di affrontare il terreno di gioco: onesto, determinato, innamorato del calcio. «Questa domanda me la faccio ogni giorno, evidentemente ho delle responsabilità e non mi piace scaricare colpe sugli altri. La verità è che sono ancora a casa». Alba di una chiacchierata tra passato, presente, emozioni e futuro. «In quello che faccio metto tantissima passione - racconta a GianlucaDiMarzio.com - e oggi essere svincolato mi fa male. Per questo magari sto vedendo anche qualche partita in meno rispetto al solito ma considerate che sono un malato di calcio».
La nostra intervista a Salvatore Molina
Nelle realtà che ha vissuto ha giocato ovunque: esterno, ala, terzino, mezzala, mediano. Un posto per Salvatore da Garbagnate Milanese c'era sempre. Uno degli ultimi palloni giocato in partite ufficiali da Molina poteva valere la Serie A per il Bari. Minuto 84 della finale di ritorno dei playoff: percussione, due avversari dribblati in slalom, assist per Folorunsho, tiro e traversa. Il punteggio era sullo 0-0. Cambiò pochi minuti dopo con la rete di Pavoletti, decisiva. «Un pensiero ricorrente nei giorni successivi? In realtà mi sono concentrato più su cosa era successo nella mia area, al gol preso - spiega Molina - se fossimo andati su con un ennesimo assist in finale playoff (lo aveva già fatto a Monza contro il Pisa, ndr) mi sarebbe piaciuto ancora di più. Ma il rammarico è tutto al gol preso». La delusione di giugno è ancora viva, alla pari di un'altra di otto anni prima. «Non portare a casa il massimo del risultato mi fa star male ma le delusioni più grandi sono due: quella con il Bari in finale playoff e il mancato Europeo del 2015 con l'Under 21 azzurra. Giocai tutte le qualificazioni nel biennio, spareggi inclusi, e a due mesi dalle finali mi feci male alla caviglia».
Due legamenti rotti e addio Europeo. Inizio di un calvario che ha portato Molina a un lungo stop. Gamba destra debole, quasi svuotata. Finché non si presenta alla Fondazione Apostolo, a Merate, dove la dottoressa Bertelè capisce che la sua catena muscolare posteriore si era accorciata e che i problemi erano in parte dovuti anche ai denti del giudizio. Così Molina è tornato quel ragazzo che per le strade di Garbagnate Milanese inseguiva un pallone e immaginava il futuro. Arrivando a conquistare tre volte la promozione in A. «Sono stati tre percorsi completamente diversi - ricorda - a Carpi arrivai ed erano già primi, giocai una decina di partite e mi ruppi la caviglia. Se poi andiamo nello specifico, a Crotone le ho giocate tutte, così come a Monza, e le sento molto più mie».
Tappe di un cammino da pro iniziato in una delle accademie del calcio italiano: l'Atalanta. Molina si allenava e giocava nella Primavera con Sportiello, Zappacosta e Baselli. «Un nome che non ha fatto le categorie che avrebbe meritato è Marcello Possenti, terzino sinistro oggi in C al Renate che secondo me ha delle grandissime qualità. Non ho percepito in pieno che scuola di vita fosse finché non l'ho lasciata - ricorda - mi hanno dato insegnamenti che vanno al di là del rettangolo di gioco: non dovevi avere orecchini, tagli di capelli strani, scontavi gli atteggiamenti sbagliati. Ti insegnavano a stare al mondo oltre alla parte tecnica che è di altissimo livello. Ti inculcavano valori prima ancora che idee tattiche». Da Bergamo è partita la sua vita da gitano del pallone, passata per Foggia, Barletta, Modena, Carpi, Cesena, Perugia, Avellino, Crotone , Monza e appunto Bari. «La prima volta fuori casa? A 18 anni a Foggia. In quel momento non pensi al fatto che cambierai vita. Ero estremamente spensierato, anzi ero galvanizzato. Poi oggi se mi giro indietro capisco che esperienza sia stata andare così lontano. I primi mesi non furono semplici, pagai il salto dalla Primavera alla prima squadra. Ero andato con Valter Bonacina, allenatore della Primavera all'epoca, che mi aveva chiesto di scendere un mese prima. Nei giorni prima di partire ho avuto ansia, ricordo i pianti perché lasciavo quella che era stata la mia vita fino a quel momento. Poi è passato tutto: è lavoro, è passione, è giusto così».
La Serie A l'ha vissuta 40 volte, di cui 29 a Crotone. In Calabria nella prima parte della Serie A 2019/20 aveva servito quattro assist, come Calhanoglu e Mertens. «Penso che se non ci sono rimasto in quella categoria un motivo c'è - ammette Molina - bisogna prendere quello che arriva dalla vita. Poi tutto può cambiare in un attimo, è il bello del calcio». Agli anni di Crotone è legato anche il ricordo del gol a cui Salvatore è più legato: «Il provvisorio 2-2 in una partita persa per 4-2 a Cagliari a ottobre del 2020, è il più importante ma non per il gesto tecnico e perchè è il mio unico in A. Lo è per il significato. Ho perso mia sorella e segnai nell'ultima partita che mia sorella Giovanna (scomparsa a novembre 2020) è riuscita a vedere prima di andarsene. Rivederlo ancora oggi mi emoziona tanto».
Al baule dei ricordi di Crotone appartiene anche l'identikit del compagno di squadra più forte nella carriera di Molina. «Dico Adam Ounas a Crotone: è un giocatore incredibile, una roba pazzesca. Lui è fortissimo e con qualche giocatore importante mi sono allenato e ci ho giocato tra club, Atalanta in particolare, e Under 21: lui però è sopra tutti». Più difficile disegnare il podio degli avversari "da mal di testa" affrontati in A. «Quanto tempo abbiamo? - sorride Salvatore - dico il Pogba del 2014 alla Juventus, Arthur qualche anno dopo alla Juve. Ho percepito di non potergli mai portare via il pallone, era agganciato al piede. Poi dico Theo Hernandez, un motore troppo diverso rispetto a quasi tutti altri».
Il presente è Renate. Comune di 4000 abitanti in Brianza che è ormai una realtà in C. «In un mondo dove oggi nessuno fa niente per niente - sottolinea Molina - ho trovato una società che mi ha dato la possibilità di allenarmi con loro senza un tornaconto ma solo per farmi un favore. Ci tengo a ringraziarli tutti dal presidente passando per l'allenatore, il ds e il preparatore atletico, sono persone splendide. Si tratta di una società seria fatta da gente perbene: non a caso da 14 anni a questa parte tra i professionisti ottengono grandi risultati. Un futuro a Renate? Qualcuno tra i compagni di squadra me l'ha lanciata come provocazione ma sempre con il sorriso sulla bocca. Sanno ad oggi quello che sto aspettando io». Idee chiare, quelle di chi ha messo il calcio sempre in cima alle sue passioni. Ed è pronto a tornare protagonista. «Che Molina troverebbe il club che mi fa la chiamata giusta? Se dicessi che ne ho più del solito sarei bugiardo perché ci ho messo sempre più del 100% anche quando ho fatto stagioni meno positive. Fa parte di me e sarà sempre così. Dal primo giorno di allenamento all'ultimo, passando per la vita extra campo, assicuro massima serietà negli atteggiamenti, negli allenamenti e nella voglia di fare».