Tecnica e velocità non gli sono mai mancate, ma i gol in acrobazia sono qualcosa che non apparteneva al repertorio del Danilo Avelar "italiano". Il terzino brasiliano, ex Cagliari e Torino, in Francia è rinato e alla quarta partita di fila da titolare nell'Amiens è arrivata anche la rete: e che gol... "Sono capitato nel momento giusto" - dichiara Avelar ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com - "La palla, da calcio d'angolo, scendeva verso di me: ho avuto pochi secondi per ragionare. Quando ho visto che il pallone arrivava non ci ho pensato due volte, ho tirato al volo e per fortuna è entrata: è la rete più bella della mia carriera!". Anche in Italia qualche perla l'aveva tirata fuori, come il gol su punizione in occasione di Empoli-Cagliari del 25 ottobre 2014: lì Avelar realizzò addirittura una doppietta.
La Ligue 1 sembra fatta su misura per lui: "Non ho avuto grandi difficoltà di adattamento, ne ho avute molte di più in Italia. In serie A si lavora molto più sulla tattica. Qui invece si dà più spazio all'estro e all'inventiva del singolo, sempre, naturalmente, al servizio della squadra. Anche qui devi abituarti a una filosofia di gioco diversa rispetto a quella sudamericana, ma non è stato complicato come in Italia. Psg? Non so se sia la più forte del mondo, ma sicuramente è quella che attira le maggiori attenzioni. Giocano un calcio aggressivo, offensivo, fanno tanti gol e hanno grandi calciatori. Sicuramente una delle 3-4 squadre che può ambire alla Champions, come la Juventus".
Come è nata la scelta di trasferirti in Francia? "Avevo ancora un anno di contratto con il Torino, ma preferivo cambiare aria: sono arrivato all'Amiens in prestito. E' il club che si è dimostrato più interessato e mi offriva la possibilità di giocare in uno dei campionati tra i migliori del mondo. C'erano altre offerte, come quella dello Standard Liegi, ma ho pensato che la Francia fosse la soluzione migliore per me: il Psg ha dato grande visibilità mondiale a tutto il torneo. Gioco in una squadra neopromossa, per la prima volta in massima serie. C'è grande entusiasmo ma allo stesso tempo più tranquillità e meno pressioni che in Italia. Era quello di cui avevo bisogno dato che vengo da un lungo infortunio".
Neymar? Vecchia conoscenza... "Grandissimo giocatore, e io ho avuto la possibilità di affrontarlo quando ancora lo conoscevano in pochi. Eravamo entrambi in Brasile, ti parlo di sette-otto anni fa e già da allora si vedeva che aveva qualcosa di speciale, di diverso dagli altri. Adesso è uno dei top mondiali, spero che possa diventare il primo in assoluto. Me lo auguro non solo da brasiliano, ma perché mi piace vedere i giocatori che fanno la differenza prendersi anche le loro responsabilità". Torino? Occasione mancata, ma c'è un perché: "Purtroppo i tanti infortuni hanno reso difficile la mia esperienza granata. Ho dovuto saltare tanti allenamenti e partite, un periodo negativo. Mi dispiace perché mi trovavo bene, in una piazza storica, con una tifoseria caldissima e grandi ambizioni. La storia tra me e il Toro poteva essere diversa e dopo l'esordio sentivo di essere nel posto giusto: purtroppo è andata così. Adesso è già passato, vado avanti".
La storia italiana di Avelar è partita nel 2013, a Cagliari: "Devo tutto alla Sardegna. Lì ho imparato l'italiano, sono cresciuto, mi sono fatto tanti amici e soprattutto ho vissuto in un posto meraviglioso che mi ricorda tanto il Brasile: mi sentivo a casa. La città, i paesi intorno, le persone, non c'era nulla di cui non fossi innamorato e ho conservato un buon ricordo di tutti. Con i brasiliani, Diego Farias, Joao Pedro e Rafael, abbiamo un gruppo su Whatsapp e ci sentiamo ogni giorno. I rapporti sono rimasti ottimi anche con Marco Sau e Daniele Dessena, anche se ultimamente ci chiamiamo di meno. Hanno una grande squadra, con tanti giovani forti come Nicolò Barella: a proposito, non sono stupito della convocazione di Ventura. La salvezza per loro non sarà un problema. E' vero, ci sono stati periodi migliori, ma capitano anche le stagioni storte".
L'avversario più forte? Danilo lo ha affrontato in Brasile, lo chiamavano "fenomemo"… "Il giocatore più fastidioso, quello che mi ha dato tanti problemi a marcarlo, è Douglas Costa, che ho affrontato quando giocavo in Ucraina. Ma il più forte è stato Ronaldo, il fenomeno: il mio idolo. Anche se era a fine carriera e aveva messo su un po' di peso mi fece dei numeri da rimanere a bocca aperta. Tentai di entrare in scivolata, lui mi fece una sterzata delle sue e rimasi per terra a prendergli il numero di targa. Il compagno più forte Raul, allo Schalke 04. Fino a quell'anno lì non aveva mai attirato la mia attenzione: quando giocavo alla playstation e lui era al Real non era tra i più veloci! (ride) Poi, dopo essere stato un suo compagno di squadra, ho capito perché era considerato un campione. Classe, intelligenza e giocate che mi lasciarono stupito: è sicuramente lui il compagno più forte avuto".
La storia di Avelar parte da lontano, da Paranavai: "Iniziai a giocare a 4 anni, ma nonostante mi piacesse non avrei mai pensato di diventare un giocatore professionista. E' successo tutto molto in fretta. Vivevo in un piccolo paesino, era difficile pensare che qualcuno mi notasse e non c'erano tante squadre di calcio a 11. Dopo la squadretta della scuola passai a giocare a calcio a 5, il futsal, fino ai 15 anni. Iniziai a fare tanti provini, ma non riuscivo a convincere pienamente le squadre. Giocavo e studiavo, perché mio padre altrimenti non mi faceva andare agli allenamenti. Poi finalmente fui preso dal Paranà e da lì è iniziata la mia carriera". E' vero che i brasiliani sono scaramantici? "Io no! Però qualche 'accorgimento' lo uso (ride di nuovo). Quando parto dall'albergo allo stadio non parlo più con nessuno, neanche con i miei familiari e ascolto solo musica di un certo tipo. Quando sono negli spogliatoi bacio i parastinchi e poi prego".
Sul tuo profilo Instagram ci sono tantissime foto, è una passione? "Sì, mi piacciono i droni e le gopro e faccio tante riprese dall'alto: la fotografia mi prende parecchio. Ultimamente poi sto spesso al computer, gioco online con i miei amici brasiliani. Nel mentre parliamo, ridiamo, penso che sia il modo migliore per stare assieme quando sei distante". Saudade dell'Italia? (ride ancora) "No, nostalgia non tanta, ma giocare in serie A è sempre bellissimo, un'altra esperienza la farei. Ora però mi concentro sulla Ligue 1. Ho giocato in una serie A molto competitiva, con grandi giocatori e tifoserie molto calde, molto più che in Francia. Però, se devo essere sincero, ho più nostalgia del Brasile. Però ho già saudade di Pirlo: era il mio modello. A inizio carriera facevo il centrocampista e per tecnica, classe, eleganza lui era il numero uno: giocatore unico. Come Ronaldo, il mio idolo. Anche per questo ho sempre avuto una simpatia particolare per il Milan, quando oltre a Pirlo c'erano Ronaldo, Kakà, Cafu, Dida: era la squadra più seguita e ammirata dai brasiliani".
Quali sono adesso i tuoi obiettivi? "Fare più partite possibili e dimostrare a chi non credeva più in me, a chi pensava che non potevo più tornare a certi livelli, che ci sono e sono più vivo che mai". E se adesso si mette anche a segnare gol così...