A poche ore da Juventus-Roma, a parlare in un'intervista al Corriere dello Sport è Roberto Pruzzo, ex attaccante della Roma. Tanti gli argomenti toccati, dal momento della Roma ad un eventuale sostituto di Eusebio Di Francesco. Dopo i risultati deludenti, infatti, l’allenatore giallorosso è in bilico ma Pruzzo crede di avere la giusta soluzione per la squadra: “Se dovessero cambiare Eusebio, un solo nome: Mourinho. Forse è un sogno, ma la Roma ha bisogno di uno come lui”.
Pruzzo di questa cosa è certo come del fatto che per Di Francesco, una partita importante come quella contro la Juve, non può essere l’ultima spiaggia: “Mi sembra esagerato con una che le vince quasi tutte. Non trovo giusto nemmeno addossare tutte le colpe a Di Francesco, hanno sbagliato tutti. Di sicuro paga l’allenatore. Ma il vero problema è che questa squadra non emoziona” continua l’ex bomber giallorosso, “Oggi alla Roma mancano i protagonisti, dei veri campioni… Sono stato il primo in Italia a togliermi la maglia dopo un gol, solo quella volta e mai più. Gli davo un significato. Questa maglia l’ho addosso io, ma è vostra. Adesso non esiste più questo, oggi prevale la recita. Quando torno a Roma la gente ancora impazzisce per me. Non capisco perché, io ho fatto il massimo che potessi fare, andare sotto la curva dopo un gol, ma non frequentavo i salotti o i club”.
L'exploit alla Sampdoria avvenuto nella seconda parte dell'annata 2016-2017, poi il trasferimento alla Roma per una cifra importante. La società giallorossa con l'arrivo di Schick, pensava di essersi assicurata un potenziale top player, ma che in realtà ha deluso le aspettative. “Il tempo è scaduto. Mi piaceva alla Sampdoria ma non puoi stare due anni a Roma e non dare un segnale. Bisogna decidere, magari anche a gennaio”.
Juventus-Roma si avvicina, e alla mente di Pruzzo non possono che tornare vecchi ricordi indelebili, come quella sua rovesciata ai bianconeri nel dicembre del 1983. “Di gol belli nella mia storia ce ne sono tre o quattro. Ci metto il gol a Marassi che ci ha dato lo scudetto e poi il gol salvezza all’Olimpico con l’Atalanta, il più importante di tutti. Se non avessi fatto quel gol non ci sarebbe stata poi la grande Roma di Viola e Liedholm”.
Tanti bei ricordi con la maglia giallorossa ma anche alcuni negativi, come il sogno Champions spazzato via dal Liverpool nella finale del 1984. "Da calciatore, è stato il mio più grande rimpianto. Non aver giocato tutta la partita e non aver segnato la doppietta che ci avrebbe fatto vincere la Champions. Sarei diventato poi il padreterno a Roma". Poi quella marachella sotto la Kop "L'idea era stata mia, i tifosi del Liverpool mi stanno ancora sulle palle. Ma non c'era cattiveria, solo un gesto goliardico. La Juve mi sta antipatica quanto loro, sportivamente parlando. Quando perde è festa per me".