Nessuna scelta fortuita, tutto ponderato. Più che a caso, fatta… al caso suo. L’arrivo a Roma? Il giorno del proprio compleanno. Battuta la concorrenza delle inglesi, Manchester United e City su tutte, il regalo si scarta a Fiumicino. “La notte prima non sono riuscito a chiudere occhio”. Convinto dal progetto di Monchi e da Di Francesco, “un allenatore davvero intelligente”. Rapporto speciale, tra i due. Con tanto di ringraziamenti al triplice fischio: "Lo ringrazio per la fiducia, finalmente sono riuscito a segnare". Oggi, infatti, il primo gol in Serie A. Quando Erdogan decide di sbarcare nella città Eterna. Un Capo di Stato nella Capitale, il leader di giornata a Verona. Contro cui, alla prima da titolare in giallorosso, era rimasto fermo al palo. Questa volta il pallone lo ha sfiorato ma poi si è insaccato in rete. Come far tornare a vincere la Roma in meno di 100 secondi. Oltre un mese e mezzo dopo - in cui erano arrivate tre sconfitte e due pareggi -, Di Francesco può tornare ad esultare.
Lui che, in Gengo, ci ha sempre creduto. Un soprannome, questo sì, nato un po’… “a caso”. Ma, a dir la verità, in Turchia tutti i Cengiz vengono appellati in questo modo. Come i nostri Francesco, che spesso passano a Checco. Totti? Un modello da seguire, “un’ispirazione”. Il primo ad accogliere Under una volta arrivato a Trigoria. “Non ci credevo, è stata un’emozione unica. Mi sono sentito un tifoso che incontra per la prima volta il proprio idolo”. Anche se, per le movenze e lo stile di gioco, il classe ‘97 è stato sempre accostato al 10 bianconero: “Sì, mi dicono che sono il Dybala turco. Ma io mi sento solo Under”. Con pochi vizi e tanto senso del dovere. Testa bassa e pedale: l’unico mantra di chi ha sempre creduto solo nel duro lavoro. “A Roma c’è tanta disciplina, mi piace”. Senza disprezzare qualche allenamento extra in più. “A fine seduta mi piace restare ad allenarmi sul tiro”. Come quello di oggi: sinistro potente, preciso, imprendibile. Da tre punti.
La Roma se lo gode, in squadra se lo coccolano tutti. Da DiFra a Monchi, arrivando fino ad Alisson. Il quale solo tre giorni fa lo benediva così: “Diventerà grande, per questa Roma farà cose molto belle”. Dichiarazioni forti che, non a… caso, rilette oggi fanno ancora più impressione. Perché se l’italiano non è ancora perfetto, le difficoltà di inizio stagione sono solo un lontano ricordo. “Cambiare cultura è stato difficilissimo, per la prima volta ho sperimentato la solitudine”. Quella che forgia e fa crescere, rende uomo anche un 20enne. Arrivato nella Capitale per sostituire Salah, ma giocando alla Dybala e con un soprannome, per tipologia, simile a Totti. Oggi, ecco, la prima gioia in campionato. Figlio di tanto impegno, di quella voglia matta di non accontentarsi mai - “Mi piace superare le aspettative, lo faccio da quando ho 10 anni” – e di una scelta ponderata. Mica… un caso, che coincida con la visita di Erdogan. Un Capo di Stato a Roma e il leader di giornata a Verona. Ovviamente, con la maglia giallorossa.