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Data: 14/02/2017 -

Roma, a tutto Fazio: "Roma nel mio destino. Guardo al futuro e perchè no, alla nazionale italiana"

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L'acquisto forse più sottovalutato, che in questa stagione alla Roma si sta invece dimostrando l'uomo in più, Federico Fazio. Imprescindibile per i giallorossi: una sicurezza. Che con la difesa a tre ideata da Spalletti ha forse trovato la definitiva consacrazione: "Mi trovo molto bene con la difesa a tre ma anche con quella a quattro che diventa a tre in fase di possesso: il mister sa sempre qual è il modulo migliore con cui schierarci anche in base agli avversari - ha dichiarato l'argentino nell'intervista rilasciata a 'L'Ultimo uomo' - Mi trovo bene al centro, ma per esempio contro il Milan o la Lazio ho giocato centrale di sinistra, e anche con l’Inter o il Napoli semopre laterale: giocherei ovunque”.

E pensare che in Argentina ricoprì anche il suolo di centrocampista: “Hanno visto che avevo una buona conduzione di palla in uscita e che rischiavo molto nella proposizione di gioco, così mi hanno messo a centrocampo ma inizialmente non ci capivo niente e correvo molto più di quanto facessi da difensore, ma mi ha cambiato la visione di gioco, l’approccio anticipato alla manovra”.

Sì, la Serie A sembra davvero fare al caso suo: "La Serie A è molto simile alla Liga, ma forse è stato più facile adattarmi per me perché sono stato avvantaggiato da come si vive a Roma, dalla cultura; l’Italia per noi argentini è come casa, siamo molto simili e condividiamo le stesse radici. Roma poi somiglia molto a Siviglia, mia moglie dice che le trova uguali anche se con le dovute proporzioni, ma anche a Buenos Aires: sono città in cui si vive con grande attaccamento al calcio".

E con Roma nel destino: "In effetti c’è più di una casualità… A Roma ero già venuto anche sette anni fa con Diego (Perotti, ndr), poi lui ci è venuto a giocare e, quando sono venuto a trovarlo, proprio qua a Roma ho chiesto a mia moglie di sposarmi".

Sulle ambizioni di vestire la maglia albiceleste: "Comincio a dubitare che la Selccion mi chiami: mi sento in forma, mi piacerebbe avere almeno avere una chance, ma questa chance non è mai arrivata. Prima forse venivo dalla Segunda, non sono passato per un club importante in Argentina, magari la gente non aveva avuto modo di conoscermi davvero. Mi farebbe piacere ricevere un riconoscimento al lavoro che sto facendo… Ma l’importante è sempre guardare al futuro. per la Nazionale e chissà, magari pure per quella italiana".

Con una passione particolare, come osservare le partite del passato: "Mi piace vedere molte partite, di quelle vecchie, giocatori e nazionali e stili di gioco di altre epoche, mi piace molto. L’Olanda del ’74, il Milan di Sacchi: mi guardo i video su YouTube e cerco di capire come si sia sviluppato, evoluto il gioco. Guardo anche le giocate dei singoli, Zidane, Ronaldinho, ma mi affascina di più vedere com’è cambiato il calcio. La mia preferita è Italia-Brasile, la finale del ’94: rende bene l’idea di come il calcio non sia qualcosa di statico, ma un concetto in costante evoluzione".

Sulla Premier invece, dove al Tottenham non trovò mai grande fortuna: "La guardavo in tv: l’ambiente e l’atmosfera mi attraevano molto. E poi il fatto che ci fosse un argentino come Pochettino è stato un incentivo per scegliere il Tottenham: il primo anno ho giocato 33 partite, mi sentivo bene. Non al livello top, ma bene. Poi, dopo dieci anni di carriera, per la prima volta già prima dell’inizio della nuova stagione mi hanno comunicato che non rientravo nei loro piani anche se non ti dicono mai la verità, o qual è il problema, o perché vogliono cambiare. In ogni caso quando me l’hanno comunicato c’era ormai troppo poco tempo per cercare un’altra squadra, ad agosto ormai sono tutti quasi già organizzati, è più difficile. Sapevo solo che mi sarei dovuto fermare sei mesi, senza giocare. Ambientarsi alla Premier League per me è stato più difficile: si gioca un calcio molto diverso da tutti gli altri. Ci sono più 1 contro 1, più ribaltamenti di fronte, molti più spazi, meno tattica, molta poca tattica. Anzi, diciamo che non ci si lavora proprio sulla tattica. È tutta questione di fisicità. La squadra deve prima di tutto star bene fisicamente, la differenza poi la fa la tecnica del singolo. La verità è che tutte le partite si giocano allo stesso modo senza studiare il rivale: ogni squadra ha il suo stile e rispetta solo quello, senza troppa attenzione al resto. Per i tifosi è divertente vedere le partite, ma non c’è tattica, non c’è pianificazione. È un po’ noiosa per un calciatore perché non hai margine di crescita”.

Infine, Fazio sorprende tutti quando indica il suo punto di riferimento fuori dal campo: “Mio fratello più piccolo, che ha dodici anni".



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