“Quanti calcioni, povero Diego!”. Ricordi di Perotti ai tempi del Deportivo Morón: “E pensate che stava per smettere…”
Segnare un gol nel derby: fatto. Diventare immortale per la
Roma giallorossa: diretta conseguenza. Partenza sprint in questa stagione per Diego Perotti. Già 4 gol e 2 assist tra tutte le competizioni per lui. Ha trovato una
continuità pazzesca l’idolo giallorosso del momento. Fino all’Albiceleste. Ci avrebbero scommesso
fino all’ultimo centesimo dalle parti del Deportivo
Morón, la squadra di Morón, una città della Grande Buenos Aires, dove Diego
è nato e cresciuto fino a diventare più di un semplice punto di riferimento. “Un simbolo per il nostro club, è stata una
benedizione per noi”, aveva dichiarato il presidente del club argentino Alberto Meyer in una recente
intervista.
Correva la stagione 2006/07 quando appena diciottenne quel “piccoletto magro” che “è sempre stato per tutti ‘el monito’”
iniziò le prime esperienze ‘tra i grandi’. Tra campo e… classici riti da
spogliatoio. “Ci siamo conosciuti proprio
al Deportivo Morón e Diego arrivava dalle giovanili. Non aveva ancora la macchina e veniva al campo sempre con qualcuno,
spesso col nostro ex compagno Felix Benito. Ai giovani alle prime esperienze con la Primera in Argentina siamo
abituati a fare un sacco di scherzi. E toccò anche a lui. Ricordo che lo prendevamo in giro per un
osso sporgente che si vedeva in mezzo al petto per quanto era magro –
racconta ridendo in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com
un suo ex compagno di quei tempi, Emiliano
Impallari, ex calciatore argentino passato anche dalle serie
dilettantistiche italiane -! Poi si
rideva e scherzava sempre, eravamo un bel gruppo. Spesso andavamo a mangiare l’asado insieme, a volte lo cucinavamo
anche al campo. Grigliare l’asado però
toccava ai più ‘vecchi’, Diego mangiava e basta! Giocavamo nella terza serie argentina e quell’anno perdemmo l’ultima partita se no avremmo vinto il campionato”.
Dalla griglia al
campo, dove a Diego non veniva fatto nessuno sconto da parte dei ‘vecchietti’,
per dirla con un eufemismo. O palla o gambe. E con quelli forti si sa, spesso a
rimetterci sono quest’ultime. “Quanti calcioni, povero Diego! Purtroppo è
così, se sei giovane e non fai mai vedere il pallone ai difensori un po’ più
esperti, è impossibile aspettarsi troppi complimenti. Non riuscivano mai a fermarlo. Appunto, per farlo, dovevano atterrarlo.
Quanto si arrabbiava Diego! Alla fine di ogni allenamento aveva sempre la borsa
del ghiaccio…”, ammette Impallari con una nuova risata. Magari Perotti
stesso leggendo si starà facendo una risata, a differenza di allora.
Dai tempi
del Deportivo Morón sono trascorsi più di 10 anni e nonostante Emiliano ammetta
“di non aver una gran memoria” non ha
dimenticato quel ragazzino davvero niente male. “Era già fortissimo e si vedeva
subito che sarebbe potuto arrivare davvero in alto. Fin dai primi allenamenti si è sempre impegnato tantissimo lavorando
giorno dopo giorno per migliorare. Anche quando non giocava perché era ancora
giovanissimo, continuava ad allenarsi con la stessa intensità. Era un gran
professionista. Si è guadagnato tutto ciò che ha ricevuto”. Eppure non fu
sempre semplice imporsi per ‘el monito’ nonostante un talento fuori dal comune.
“Aveva il carattere forte di chi voleva
sempre migliorare anche se qualche momento un po’ così c’è stato. Ci fu un periodo in cui davvero non giocò
molto e ci raccontava che pensava addirittura di lasciare il calcio. Era
demoralizzato. Allora noi lo coccolavamo un po’. ‘Dai Diego non ti
arrabbiare…’. ‘Sei giovane e forte, continua così’. Per fortuna poi ha
cambiato idea – continua Impallari -.
Io poi da attaccante cercavo di dargli i giusti consigli perché vedevo in lui
un giocatore vero che poteva dimostrare grandi cose anche in prima squadra e
non solo nelle giovanili. Ed infatti quell’anno mi fece anche diversi assist”.
Poi
la vita obbliga ciascuno a prendere la propria strada. A crescere. “Ormai non ci sentiamo da circa un paio di
anni. Sai, ognuno ha la sua vita e la distanza non gioca a nostro favore. Mi piacerebbe però andarlo a trovare a
Roma. Ho grandissimi ricordi di Diego: era un bravo ragazzo, ora è
diventato un uomo. E un grandissimo giocatore a cui auguro di vincere ancora
tanto, sia con la Roma sia con l’Argentina”. Augurandoglielo, per così
dire, all’argentina: “Mucha mier*a Diego!”. Per coronare una
stagione iniziata come meglio non avrebbe potuto raggiungendo ogni obiettivo
possibile.