Ancora un titolo, un’altra coppa da sollevare al cielo. Un altro trofeo per chi, ormai, ne ha più di tutti. Dani Alves festeggia ancora, il campionato francese è suo e del PSG di Unai Emery capace di battere 7-1 il Monaco nella giornata decisiva. Dopo la Coppa di Lega vinta per 3-0 contro la squadra del principato arriva anche il titolo della Ligue 1, poche settimane dopo. Niente di nuovo, dunque. Questo è il titolo numero 39 della carriera del brasiliano fra Nazionale e club. Bahia, Siviglia, Barcellona, Juventus e PSG. Dal Brasile Under 20 ai campioni della prima squadra con cui tenterà l'impresa in Russia questa estate. Già, perché al suo ricchissimo palmares manca solo un Mondiale. Quello no, non gli è ancora riuscito. Si è fermato a quello Under 20 vinto negli Emirati Arabi nel lontano 2003. Poi una Copa America In Venezuela nel 2007 e due Confederations Cup nel 2009 e nel 2013.
In Spagna due Coppe Uefa, quattro Supercoppa Uefa, cinque Copa del Rey, tre Champions League, tre Coppe del Mondo Fifa per club e sei campionati. In Italia una Coppa Italia e un altro Scudetto. In Francia una Supercoppa nazionale vinta da protagonista con gol e assist, la Coppa di Lega e (ieri) il campionato - il cui esito appariva scritto da mesi. Ma serviva il punto esclamativo, arrivato con un ko pesantissimo per la squadra guidata da Jardim. La bacheca di Dani Alves si arricchisce ancora, un elenco lunghissimo da leggere senza fermarsi; e quando si arriva alla fine si è senza fiato. Morale della favola? E' il giocatore più vincente della storia.
Scavalcati e distanziati negli ultimi anni due leggende come Ryan Giggs (fermo a 37) e Andrés Iniesta (a quota 33, almeno per qualche settimana ancora). Più successi anche di Olexandr Shovkovskiy, storico portiere della Dinamo Kiev che ha vinto 14 campionato ucraini e 16 coppe nazionali, tutti con la stessa maglia. Perché per lui "vincere è un'ossessione". Lo ha detto ai dirigenti del Barcellona poche ore prima del suo addio: "Sentirete la mia mancanza". Non tanto per quanto fa i campo, ma per una questione di mentalità. Quella che lo porta ad accendersi sempre nell'ultima fase della stagione, in quei mesi dove si decide tutto, dove le gare sono da dentro e fuori e il pallone inizia a scottare.
Lo ha fatto sempre, fin da quando giocava per le strade polverose del suo Brasile. Rincorrere una sfera che rotola per inseguire i suoi sogni e scappare dalla povertà. Una fama raggiunta negli anni che ora "gli fa schifo", come è solito ripetere. Non come i trofei, che invece ama. E che continua ad alzare al cielo, senza sosta. Con una speranza: farlo anche in Russia questa estate. Intanto si gode un altro campionato, il primo in Francia, a impreziosire ancora di più una lista di successi senza fine.