A volte, puoi anche non chiamarti Antonio Conte ed allenare il Chelsea. Diego Pablo Simeone ed essere l'allenatore dell'Atletico Madrid. O Jurgen Klopp e poterti permette di esordire in conferenza di presentazione come nuova guida del Liverpool (ottobre 2015) dicendo di essere un "Normal One". A volte, anzi pochissime, puoi non essere tutto questo ma semplicemente: Stefano Pioli. Ed avere ugualmente la media punti quasi da primato. In questo caso, è l'Inter ad aver trovato il suo "Normal One". Poco importa non aver cominciato la stagione sulla panchina nerazzurra - se non per un rammarico di ciò che sarebbe potuto essere e non sarà - se si è comunque un allenatore da record. Galantuomo come il tempo, attento ai dettagli e capace di dispensare normalità e qualità. Tutto è nato quel freddo 7 novembre, quando Stefano il tranquillo viene preferito a Zola e Marcelino. In quattro mesi l'allenatore emiliano è riuscito a ricompattare squadra più tifoseria che, all'inizio della sua avventura all'Inter - al posto di De Boer - si era divisa in due fazioni. Chi si diceva fiducioso e chi molto più scettico. Ieri, dopo la goleada all'Atalanta, supportata ancora una volta da risposte concrete sul piano del gioco, la sua gente lo ha addirittura osannato. Chiamatele pure soddisfazioni, per uno che alle tante parole ha sempre preferito i fatti sin dai tempi del suo primo Bologna, fino alla consacrazione alla Lazio. Al campo i meriti riconosciuti. Nono, quando prese le redini di questa squadra. Oggi, con una media punti di 2.31 a partita. Quasi da primato.
Da terzo posto, in realtà. Perché se il campionato fosse partito dalla "prima" di Pioli, la Juve avrebbe solo tre punti in più dei nerazzurri. Proprio e giusto lo spazio dello scontro diretto perso allo Stadium. E il Napoli due. 40 Allegri, 39 Sarri e 37 Pioli, ad una velocità più alta di Spalletti, Inzaghi e Gasperini. Con all'attivo 37 gol fatti e 15 subiti (16 fatti e 14 subiti prima del cambio in panchina). Che poi, basterebbe conoscere un pò meglio lo Stefano Pioli ambizioso - in termini di crescita continua - per non stupirsi. Le sue pretese quotidiane, in ogni allenamento, sono fatte di applicazione costante. E dal voler tirare fuori, da ogni singolo, tutte le proprie capacità. Guai non fosse così. Lo dimostrano i rilanci di Kondogbia, Gabigol e Banega. Le conferme del giovane acquisto Gagliardini e del vice capocannoniere di Serie A, Mauro Icardi (20 gol, dopo la tripletta all'Atalanta). Un contratto fino al 2018, al momento, per Stefano Pioli e una società che lo vede sempre più al centro del progetto, tra programmi e obiettivi futuri da cui poter ripartire. Nonostante le voci cicliche su Conte e Simeone. Che sono più vicini a restare sulle proprie panchine, per scelta ma anche perché Pioli sta facendo di tutto (e bene) per meritarsi la panchina della squadra per cui ha sempre tifato. Vietato sentirsi appagati, però. A fine stagione, a risultati raggiunti, più che un "normalizzatore" di qualità, Stefano Pioli spera di poter essere definito un "potenziatore". Di continuità, aggiungiamo noi. E glielo auguriamo. Continuando cosi, non potrà essere diversamente. Del resto, è anche un "dispensatore" oltre che di risultati, anche di un'idea di gioco che all'Inter mancava da tanto. E se hai idee e visione di gioco, puoi anche non chiamarti Conte, Simeone o Klopp ma riuscire comunque ad essere il "Normal One" dell' Inter, al quarto posto. Con tanti saluti ai fantasmi.