“Da piccolo mi bastava un materasso su cui dormire e un pallone con cui giocare”. Ci ricorda, schietto, Rômulo Souza Orestes Caldeira. Per tutti solo Romulo. Per gli amici anche ‘pendolino’. “Alla Cafu?”. Lui arrossisce timido perché il paragone è importante. Ma non si scompone. “Magari”. A domanda: "Ma se non avessi fatto il calciatore, ci hai mai pensato?”. Romulo ci risponde convinto, in esclusiva: "Avrei fatto il… calciatore! Da bambino sognavo di fare questo e ho sempre lottato per diventarlo”. Mollare mai. Oggi è capitano del Verona. In Serie A. E in A ha pure toccato quota 101 presenze. “Che soddisfazione! Soprattutto dopo i tanti infortuni avuti negli ultimi anni. Ho raggiunto un traguardo importante”. Romulo è un calciatore professionista ma soprattutto un grande uomo, che ha avuto la forza di continuare a credere nel suo obiettivo e non dire ‘basta, mollo tutto’ proprio quando il dolore fisico lo stava logorando. Vero? “Confermo. Ho pensato di smettere ma lottavo ogni santo giorno contro questo brutto pensiero. Tutta colpa di un disturbo alla testa del perone. Ti dico la verità, dopo un anno e mezzo di continui fastidi sembrava quasi impossibile tornare a giocare a calcio. A certi livelli soprattutto. Ma grazie a Dio ce l’ho fatta e corro anche più di prima!”. Il segreto, forse, è la sua allegria. Ride sempre, Romulo. Felicità a più non posso e... valori. In primis il coraggio di dire ‘no’ alla Nazionale del suo paese, il Brasile, per sposare la terra in cui è cresciuto calcisticamente e indossare l’azzurro Italia.
Un professionista coerente: a poche ore dalla diramazione della lista definitiva dei 23 per il Mondiale (in cui, poi, è venuto a sapere che sarebbe stato inserito), Romulo ha preferito declinare, per dare spazio a chi fisicamente stava meglio di lui. “Dire ‘no’ alla Nazionale italiana è uno dei ricordi più veri e sinceri che porto dentro. Se accadesse oggi mi comporterei allo stesso modo perché credo che la correttezza, nella vita, valga più di qualsiasi altra cosa. Mentre parlavo con Prandelli sapevo benissimo che il sogno di giocare quei Mondiali stava svanendo”. Ha prevalso l'onestà intellettuale e l'educazione morale. Ma in tutto questo, Romulo non ha mai pensato di indossare la maglia del Brasile? “Quando Dunga è diventato CT disse ‘per me Romulo è ancora brasiliano perché non ha ancora esordito con la Nazionale azzurra e lo sto seguendo’. E penso che mi avrebbe anche convocato se avessi giocato con costanza con la maglia della Juventus. Ma la mia scelta era già bella che chiara: volevo l’Italia!”. Romulo sa darsi priorità e in cima alla sua lista ha sempre messo il cuore. Considera il Verona “la mia casa”. E per il Verona ha detto no anche a offerte importanti. "Qui mi sento veramente bene. In passato ho avuto l’opportunità di andarmene, c’era il forte interessamento del Marsiglia su di me. Ma io volevo riportare assolutamente il Verona dove merita: in Serie A”. Se gli chiedete il gruppo di WhatsApp che usa di più lui non tentenna nemmeno un secondo. “Quello con la mia famiglia! Mi piace stargli vicino. Alla fine sono queste cose che veramente hanno un significato impagabile nella nostra vita”. Più condivisione reale e meno… social. Anche se “mi sto abituando ai social. Voglio avere un rapporto sempre più stretto con i tifosi. Li uso con moderazione e professionalità, non voglio diventare un personaggio virtuale che passa la maggior parte del tempo col telefono. Preferisco piuttosto approfittare del tempo libero per stare con chi voglio bene”.“La pesca”. Che praticava in Brasile. Ma lui ha sempre preferito il pallone, su e giù per quella fascia. I guai arrivavano quando c’era da marcare un certo, giovane, Neymar. “L’avversario più complicato con cui abbia mai avuto a che fare, senza dubbio. Non direi neanche complicato da marcare, ma addirittura quasi impossibile! Ci siamo sfidati 3/4 volte in Brasile: durante una finale Santos-Santo André, e due volte nel campionato Paulista”. Altre emozioni in Europa, con Pirlo. “In squadra con me però!”. Per fortuna. “Pirlo è stato il compagno più forte che io abbia mai avuto. Un genio del calcio, assoluto. Era bellissimo guardarlo a fine allenamento mentre calciava le punizioni”. Si sono anche scambiati la maglia. “E’ quella a cui sono più affezionato, mi ha scritto anche una dedica”. Di allenatori importanti ne ha avuti tanti Romulo ma non punta il dito su nessuno. "Tutti mi hanno lasciato qualcosa, da Sinisa Mihajlovic e Mandorlini a Massimiliano Allegri. Con Pecchia sono tornato ad esprimermi ad alti livelli”. A proposito di livelli. “Hai esordito in Champions con la Juventus…” gli ricordiamo. Romulo, agrodolce. “Ho ricordi contrastanti di quel momento. Mentre stavo realizzando un sogno provavo anche dei dolori insopportabili a livello fisico”. Era sul punto di smettere per colpa di quei dolori, ma Romulo li ha fatti tacere praticando l’allegria. E adesso punta l’ennesimo obiettivo: la salvezza col Verona. Da capitano. E se ci crede lui perché non fidarsi?