Fuori c’è un forte temporale: i tuoni si fanno sentire. La linea telefonica salta spesso e sull’asse Milano-Lugano la comunicazione non è facile. Finalmente riusciamo a trovarci: “Ragazzi, mi sentite? Sono Daniel”. Daniel Pavlovic, per la precisione. Ci parla con un tono pacato e umile; entriamo subito nel vivo della conversazione. Il terzino, nato in Svizzera, ha da poco deciso di tornare in campo, con la maglia del Lugano: “Arrivo da un periodo piuttosto particolare, ma il passato non conta più. Contano il presente e il futuro, e ora sono felice di essere tornato”. Tornato sui campi più carico di prima, dopo oltre due anni di stop: “Non mi sono mai fermato: mi sono sempre allenato con il mio preparatore, perché sapevo che un giorno sarebbe arrivata la possibilità di rilanciarmi e di far vedere che sono ancora quello di prima. Che sono ancora ‘io’. Cercherò di dare il massimo; sono motivato, contento e positivo”.
Ripartirà dalla sua terra natale, la Svizzera, “Ma - svela ai microfoni di gianlucadimarzio.com - sarei dovuto tornare in Italia, poi è arrivato il Coronavirus. Avevo qualche proposta: tutti eravamo in attesa e stavamo valutando, ma il Covid ha fermato tutto”. Per lui, quest’inverno, avevano infatti sondato il terreno Chievo, Pordenone e Frosinone. Tutto concluso, però, con un nulla di fatto. In seguito, una nuova chiamata e una veloce decisione: “Si torna in campo!” Racconta, infatti, che “appena è arrivata l'opportunità di approdare qui al Lugano, ho accettato volentieri”. Il suo obiettivo è chiaro: “Dare il massimo in queste ultime partite. Cercheremo di vincerle e faremo del nostro meglio”.
GLI INIZI, SVIZZERA E GERMANIA
238 chilometri tra futuro e passato. Tra Lugano e Rorschach, il paesino svizzero dove Daniel inizia a muovere i primi passi: “Ero un bambino, mi piaceva inseguire il pallone e ho cominciato giocando insieme ai bimbi del mio paese”. Quando ancora “tutti preferivano il pallone alla playstation”. Una passione, quella per il calcio, che lo porta presto nella squadra del suo cantone, il San Gallo. Daniel non può crederci: “Quella chiamata fu molto emozionante. Avevo 15 anni quando mi hanno portato in prima squadra. Era un’atmosfera che mi piaceva”. Poi un nuovo viaggio: dalla Svizzera alla Germania. Biglietto di sola andata: si va a Friburgo! “Lì - racconta - ero un giovane tra i professionisti. In quegli anni ho capito che quello che volevo fare da grande era il calciatore e che avrei fatto di tutto per diventarlo”.
Segue il ritorno in patria con lo Sciaffusa. Un'esperienza durata due anni e terminata in una maniera particolare: "Giocavamo un'amichevole contro il Kaiserslautern. Loro avevano bisogno di un terzino sinistro, ho disputato una buona partita e mi hanno proposto di cambiare squadra. Ho accettato! In pratica, sono arrivato con il pullman dello Sciaffusa e sono partito con quello del Kaiserslautern, verso il ritiro". In Germania una buona stagione, ma la consacrazione arriva negli anni successivi, con il Grasshoppers: "Sono stati cinque anni bellissimi ed emozionanti".
LA CHIAMATA ITALIANA: DIREZIONE FROSINONE
120 presenze, molti assist e tante buone prestazioni. Questo il bottino di Pavlovic con la maglia del Grasshoppers. Numeri che conquistano subito il Frosinone: trattativa presto chiusa e giocatore in Italia: "È stata una grande opportunità e l'ho colta al volo". Era un anno storico per il Frosinone, "il club aveva conquistato la Serie A per la prima volta nella sua storia. Quando sono arrivato c'era tanto entusiasmo". Ed è proprio sull'onda della gioia che Daniel viene accolto: "La squadra, la società e il mister sono stati per me fin da subito come una famiglia. Non parlavo per niente l'italiano, ma i ragazzi mi hanno dato subito una mano. C'era un bel clima". Non da meno i tifosi, i quali "hanno sempre supportato la squadra, anche in trasferta. Me li ricorderò per sempre".
Allo stesso modo, ricorderà per sempre il traguardo personale tagliato quella stagione. Pavlovic viene infatti nominato miglior difensore-assistman: "Ho sempre provato a dare il massimo per la squadra. Io nel Frosinone calciavo le punizioni e ho dato un buon contributo sulle palle ferme. Sono stato molto felice di questo riconoscimento". Con ben sei assist, quell'anno, ha regalato molte gioie ai fanta-allenatori che hanno puntato su di lui: "Ne sono molto felice!" Anche se, quando è arrivato in Italia, "non sapevo cosa fosse il fantacalcio. Poi me l'hanno spiegato. Non ci ho mai giocato, ma vedo che piace molto agli italiani".
Pavlovic non dimentica la maglia gialloblù e fa ancora il tifo per loro, durante questa lotta per tornare in Serie A: "Mi auguro che ce la facciano, per la società, per la squadra, per il presidente e per tutta la gente supporta il Frosinone". Non solo una questione affettiva, "ma anche di meriti: il ritorno in A sarebbe giusto per tutti i sacrifici che hanno fatto in questi ultimi anni, per il nuovo stadio che hanno costruito e perché sono una bella squadra, una società esemplare. Sono rimasti tutto l'anno nei primi posti della classifica. E spero possano farcela". Anche perché, la sua annata a Frosinone, si concluse con la retrocessione: "Ci abbiamo provato fino alla fine, abbiamo lottato con tutte le nostre forze. Mi è dispiaciuto molto".
SAMPDORIA, CROTONE E PERUGIA
Estate 2016. Il telefono squilla. Dall'altra parte i dirigenti della Sampdoria. L'offerta è allettante e Pavlovic crede nel progetto: "Era un ambiente molto bello. La proposta mi è piaciuta e non ho potuto dire di no". A volerlo fu il nuovo arrivato sulla panchina blucerchiata, Marco Giampaolo: "Il Mister mi ha insegnato molto ed io, come terzino e come calciatore, ho imparato tanto". Tra Daniel e l'ambiente si instaura subito un buon rapporto: "Avevamo una bella squadra con giocatori importanti, di grande qualità. Era una piazza molto affascinante. Una tifoseria spettacolare, uno stadio e un'atmosfera bellissima, che ti emoziona".
Nonostante il feeling con squadra e tifosi, il bottino accumulato con la maglia della Samp non supera le 11 presenze stagionali. Pavlovic ha bisogno di riscattarsi e, per farlo, sceglie il Crotone. Spera di poter essere un perno della squadra in Serie A, ma così, purtroppo, non è: "In Calabria non ho giocato molto. La tifoseria era molto calda, l'ambiente diverso. Pur non essendo titolare, ho sempre lottato, cercando di dare il mio contributo". Mai mollare, questo il motto che Daniel ripete spesso nella sua testa. Una chiave di lettura che accomuna tutte le sue esperienze in campo, anche le più sfortunate.
In continua ricerca di riscatto, si fa strada una nuova opportunità: il Perugia lo vuole come rinforzo per concludere il campionato. Arriva dalla lista svincolati, ma non gioca nemmeno una partita ufficiale. Nella sua voce si sente un leggero rammarico, ma cerca di non farlo notare. "Sono arrivato alla fine del campionato e sono rimasto per due mesi - racconta -. Mi serviva più tempo per ambientarmi. È stata un'esperienza un po' particolare". Le poche gare che il terzino vede, seppur dalla panchina, sono quelle dei play-off, durante i quali "siamo usciti contro l'Hellas che è poi salita in Serie A".
Nostalgia Italia. Anche se "a Lugano le persone hanno una mentalità più italiana che tedesca". Dell'Italia non dimenticherà mai "la gente, gli stadi pieni, i cori dei tifosi. Il loro calore". Perché, in fondo, "mi manca la Serie A, un campionato bellissimo: ogni partita in Italia è un ricordo". Un quadretto da appendere in camera. "Appena scendi in campo per la prima volta, la Serie A diventa parte di te. Ti avvolge". L'Italia è rimasta in Daniel: lo capiamo dall'italiano perfetto che parla, dalla passione con cui racconta le sue esperienze qui. E chissà che in futuro una nuova chiamata non possa arrivare. Siamo sicuri: farebbe le valige e prenderebbe il primo volo. "Si parte!", ancora una volta.
A cura di Luca Bendoni e Niccolò Altobrando