Dalle scarpette alla tastiera. Marco Negri cambia mestiere e con la sua autobiografia è in lizza per l'ambito Cross Sports Book Awards, uno dei premi letterari britannici più importanti. Nella shortlist, tra gli altri, anche l'ex bomber del Chelsea, Didier Drogba. Ai Rangers bastarono 3,5 milioni di sterline per portarsi a casa Negri, che in sei mesi segnò più di Ronaldo. Per lunga parte della stagione '97-'98 in testa alla classifica della scarpa d'oro, per distacco, c'era lui e non il "fenomeno" brasiliano. Negri non godeva della stessa pubblicità di molti dei suoi colleghi più famosi e così, per giocare la Champions, fu costretto a fare le valige. "Venivo da tre ottime stagioni in cui misi a segno 52 gol" - racconta Negri ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com - "Ero cresciuto tantissimo e suscitai l'interesse di diversi top team. I Rangers arrivarono all'improvviso. Le tante reti segnate con il Perugia non bastarono per la salvezza e virtualmente ero un giocatore di serie B. Le squadre italiane abbozzarono qualche offerta, ma niente di concreto e inoltre l'avventura straniera mi affascinava da tempo. Un contratto economicamente molto importante e la possibilità di andare in Champions League fecero il resto. Trovare posto nella rosa di Juventus, Milan e Inter era difficile, ancor più diventarne protagonista con i vari Weah, Ronaldo, Inzaghi, Batistuta... Accettai al volo l'offerta dei Rangers".
Forse anche colpa di un carattere un po' difficile. Negri non concedeva mai interviste: "Era una mia esigenza. La stampa a volte ti esalta troppo in una gara e ti critica eccessivamente in quella dopo, scendendo anche sul personale. Ero giovane e questa situazione mi faceva soffrire molto, non mi permetteva di avere l'equilibrio giusto per affrontare le partite. Presi la decisione l'anno di Terni. La Ternana lottava per tornare in serie B. Spesero per me più di due miliardi di lire, una cifra pazzesca per l'epoca. Si creò un'aspettativa esagerata. Venivo dall'Udinese, ero un ragazzo talentuoso, ma che ancora non aveva dimostrato nulla e loro si aspettavano un gol a partita. Dopo qualche critica di troppo decisi di non rilasciare più interviste e dato che la cosa funzionò lo feci anche nelle stagioni successive. Pure in serie A, dove magari qualche intervista mi avrebbe fatto comodo per l'immagine. Volevo essere giudicato solo dai tifosi che venivano allo stadio. Al resto pensavo io, con l'autocritica: sono sempre stato severo con me stesso".
La sua storia, ricca di silenzi, misteri, aneddoti mai rivelati è diventa un libro: "L'idea è nata da un giornalista scozzese. Nei social si parla ancora tanto di me, perché quei sei mesi in cui segnavo più di un gol a partita mi resero popolarissimo. Ero in lizza per la scarpa d'oro, stavo trascinando la squadra al decimo titolo di fila, si parlava anche di una convocazione per i mondiali del '98. Poi la famosa partita di squash con Porrini, la pallina che mi finì nell'occhio, provocandomi il distaccamento della retina e la fini della favola. Da qui la proposta. Non sono stato sicuramente il giocatore più famoso che ha vestito la maglia dei Rangers, ma rimango uno dei più enigmatici. Il fatto che non parlavo mai con la stampa ha ingigantito questo alone di mistero. Il giornalista scozzese a un certo punto ha abbandonato l'opera, per problemi personali. L'idea però mi era piaciuta e ho deciso di continuare questo viaggio a ritroso buttando giù qualche riga: i mie sogni da bambino, i primi provini con l'Udinese, la prima partita da professionista ecc... La bozza è piaciuta e così sono riuscito a realizzare il libro 'Marco Negri più di un numero sulla maglia' ".
Adesso la sua autobiografia è in nomination per un prestigioso riconoscimento: "Il libro è andato bene, tanto da convincermi a fare la versione per il Regno Unito. Ma non si tratta di una semplice traduzione, perché la versione britannica è incentrata molto di più sulla mia storia scozzese. Inoltre c'è un capitolo speciale, dedicato al mio ritorno dopo tanti anni all'Ibrox, per una partita di beneficenza a favore di un ex compagno di squadra, Fernando Ricksen, malato di Sla. Ho fatto la presentazione in Scozia e poi è arrivata questa bella notizia della nomination per il 'Cross Sports Book Awards', un premio letterario molto ambito. Non sono uno scrittore, ma si vede che ho buttato giù qualcosa di interessante. A me è sempre piaciuto tantissimo leggere durante i ritiri. Adoro le autobiografie in generale. L'ultimo libro che ho letto è Eleven Rings di Phil Jackson, l'ex allenatore dei Chicago Bulls e dei Los Angeles Lakers".
Intanto i Rangers sono tornati in paradiso, dopo aver vissuto l'inferno e il purgatorio: "Non posso che fargli i complimenti per la promozione, sono felice di sapere che sono di nuovo nella Scottish Premier League. Ricordi speciali? La prima partita in casa, davanti a 50 mila persone, atmosfera unica. Poi la gara perfetta, quando segnai cinque gol in casa contro il Dundee United, impresa che rimarrà nella leggenda. Il terzo ricordo è legato all'Old Firm, quando feci gol al Celtic Park. La rete più importante della mia carriera, perché mi ha permesso di entrare nel cuore dei tifosi dei Rangers". Nel libro un capitolo è dedicato a un personaggio unico, Paul Gascoigne: "Un genio, in tutti i sensi. Adesso so che non sta passando dei bei momenti e gli faccio un in bocca al lupo. Un campione e una persona mai capita fino in fondo e con un cuore veramente grande. Scherzi all'ordine del giorno. Siamo diventati subito amici. Lui parlucchiava un po' l'italiano, soprattutto parolacce. A volte, nel mentre che gli altri si facevano la doccia, buttava via i suoi calzini, perché magari erano usati da tanti giorni, e si metteva quelli di qualcun'altro. Ti lascio immaginare cosa significasse per il malcapitato andare in giro per Glasgow senza calzini, con diversi gradi sotto zero, perché "Gazza" aveva fatto shopping nello spogliatoio...".
Non a tutti capita di essere riconosciuti da Sean Connery: "Nonostante avessi passato quasi un anno fuori per vari problemi, quei sei mesi mi fecero entrare anche nel cuore dello 007 più famoso del mondo. Era una partita di precampionato e io mi stavo facendo le fasciature alle caviglie su un lettino. Appena mi vide mi fece un cenno e mi disse: 'Tu sei la famosa gol-machine, ma che fine hai fatto?'. Difficile spiegarglielo in pochi minuti (ride, n.d.r.)". Quali sono le parti del libro che emozionano di più Negri? "Due. La parte in cui dedico il libro a mio padre, che adesso purtroppo non c'è più e che è stato fondamentale per me. Mi ha sempre seguito, ma senza mettermi troppa pressione, auguro a tutti i ragazzi di avere un papà come lui. La seconda è quella dove descrivo l'inizio del mio sogno, quando facevo la vita da pendolare tra Udine e Monfalcone. Studio e allenamenti, tantissime rinunce e sacrifici, nella consapevolezza che niente ti è assicurato. Periodo bellissimo e ricco di sorprese e il modo in cui poi sono stato premiato rende tutta la storia una bella favola da raccontare".