Slovacco di nascita, ma ormai napoletano d'adozione. Dieci anni di maglia azzurra, più la fascia di capitano. Il legame di Marek Hamsik con Napoli ormai è indissolubile, forse eterno a giudicare dalle parole rilasciate alla rivista So Foot: "Non ho neppure bisogno di una clausola liberatoria: da qui non mi muovo. Me ne sarei potuto andare. Cinque anni fa mi voleva il Milan. L’anno scorso, la Juventus. Alla fine non è successo niente perché ho sentito davvero la fiducia di allenatore e presidente che volevano che restassi. Lo prova il fatto che non c’è nessuna clausola liberatoria perché né io né il presidente ne abbiamo bisogno. Qui a Napoli la gente mi vuole troppo bene, non potrei andarmene».
Quindi nessun tradimento alla Higuain o addio alla Cavani: "Non li giudico e li capisco. Ma per me sarebbe ancora più bello vincere anche solo un grande trofeo con il Napoli che dieci con un’altra squadra. Spero di vincerlo un giorno". Questo legame a doppio filo a Napoli e al Napoli, che, secondo alcuni, non gli ha permesso di fare il definitivo salto di qualità per entrare nel novero dei top player. Hamsik stoppa subito ogni pensiero: "Chiedetelo ai napoletani se non sono un grande giocatore. Sono fiero di ciò che ho fatto e di quello che farò. Sono troppo legato a questa città per vedere le cose diversamente qui c’è un atmosfera unica". Così come alla Slovacchia: "Sono un tipo riservato, tranquillo, come lo siamo in Slovacchia, precisi, rigorosi, ordinati. Sarò sempre più slovacco che napoletano. I napoletani per esempio non arrivano mai puntuali, ma quando arrivano sono allegri. Ma anch’io suono il clacson per niente". Tranquillo e riservato ma con la cresta e i tatuaggi: "I tatuaggi sono come una droga. Il primo me lo feci a Bratislava, poi Paolo Cannavaro mi ha presentato il suo tatuatore e non mi sono più fermato. Ne ho su tutto il corpo. La cresta ce l’ho da sempre. È un simbolo, fa parte di me, come i tatuaggi. Ma non sono un punk".
Hamsik conclude parlando dei suoi inizi, "appena arrivato i tifosi mi fecero subito capire che il calcio veniva prima di tutto. Un arrivo nel 2007, insieme al Pocho Lavezzi, "un piccoletto, con i capelli lunghi, vestito male. Oggi invece ha molto stile. È un personaggio straordinario, ottimista, positivo, ma in campo un guerriero". Come Hamsik, a nove reti da Maradona: «Però Maradona resterà sempre il numero uno. Arrivare dopo di lui non è così male. E se vincessi qualcosa con il Napoli, potrei avvicinarmi un altro po’".