Christian Abbiati ha lasciato il Milan a fine stagione, dopo soltanto una stagione come Club Manager della società. Durante un'intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport, l'ex portiere rossonero spiega le ragioni del suo addio: "Come club manager, dovevo essere d’aiuto a tutti. Allenatore, ds, team manager, giocatori. È un ruolo strano, sempre sul filo dell’equilibrio. Un esempio: sciocchezza del giocatore e devi riferire al mister, rischiando di passare per spia. È un ruolo ‘politico’ e sinceramente non fa per me. Spesso andavo a casa arrabbiato: è stata una mia scelta non proseguire. Mirabelli mi aveva proposto il rinnovo, ma ho rifiutato”
"La proprietà cinese? Il mio errore sono stati i paragoni con il vecchio Milan, dove c’erano punto di riferimento fissi. Lì, invece, era grande la confusione: un’organizzazione fumosa che cercavano di rendere perfetta all’esterno. Non mi stupisce che sia finita così: è meglio che sia finita. Il mio riferimento era Gattuso: l’obiettivo era reimpostare Milanello come una volta, con regole di comportamento. E Rino è stato un fenomeno: mi ha sorpreso come allenatore, ha saputo entrare nella mente dei giocatori. Con queste generazioni non è facile: a Elliott consiglio di tenerselo stretto”
Si parla poi di Vincenzo Montella, ex allenatore del Milan: "Un mezzo disastro. Non si fidava di nessuno. Mirabelli? Una sorpresa positiva, uno che lavora duramente. Ho vissuto da vicino il rinnovo di Donnarumma ed ha gestito la faccenda perfettamente, a tutela del club. È stato uno dei pochi ad avere il coraggio di andare contro Raiola. E, poi, ha vinto la scommessa Gattuso".
"Higuain era il bomber che mancava. Sono sorpreso dall’operazione, perché ci guadagna il Milan. Bonucci? Probabilmente, gli sono state promesse cose che non sono state mantenute. Ma Leo ha avuto il merito di far crescere Romagnoli".
L'intervista completa su La Gazzetta dello Sport.