Quelle di Calvino erano le “Lezioni americane”, un ciclo di interventi al cui centro si trovava una parola chiave. “Cambiamento”. Ecco, il cambiamento è quello che Juventus e Torino stanno vivendo, hanno vissuto. E grazie a (o a causa di) un americano provano ad analizzarlo. Weston McKennie è il volto nuovo di un calcio diverso a Torino: mentre i granata di Giampaolo subiscono l’ennesima rimonta e si ritrovano con -19 punti rispetto a una potenziale situazione di vantaggio (un dato allarmante), i bianconeri di Pirlo affrontano le novità provando a tirare fuori il carattere. Anche da chi ti aspetti di meno.
Weston già in Germania era stato in grado di farsi notare in positivo. Dentro e fuori dal campo. È arrivato, a sorpresa, in estate: lo ha chiamato Pirlo, è veramente il primo acquisto cercato dal nuovo allenatore. Che sta imparando sulla sua pelle cosa voglia dire conoscere la Serie A. Il derby della Mole, diciamolo pure, è stato tra le partite meno divertenti da quando il Maestro ha deciso di diventare allenatore: nemmeno Ronaldo ha inciso, e di per sé è una notizia. Poi, però, nel secondo tempo a poco a poco le cose cambiano: arriva la stanchezza, emergono i singoli. Letteralmente: perché da dentro l’area difesa da Sirigu, la testa con le treccine di McKennie raccoglie l’assist con le treccine di Cuadrado. Si assomigliano molto: in tribuna stampa, durante la concitazione che segue sempre un gol, qualcuno meno attento chiede subito se a segnare sia stato proprio il colombiano.
Il rapporto con Cuadrado e quello con CR7
No: gol a stelle e strisce, quello del pari (il 2-1 è di Bonucci). Come sa fare. “A me piace sempre inserirmi, e poi con Cuadrado abbiamo un’ottima intesa” ha commentato Weston a Sky. “Volevo fare il meglio possibile per i compagni, ora pensiamo al Barcellona”, prosegue. Non c'è solo Juan, Wenston non ha mai nascosto il feeling che è nato da subito con il portoghese. Lo racconta sempre, anche dopo la partita. Con un sorriso largo così (un po' come quello di Pirlo a fine gara: se non è un cambiamento questo…), perché il suo primo gol in Italia segnato in un derby non può passare sotto silenzio. Lo cercava tanto, dopo aver vissuto un buon inizio stagione ed essersi un po’ perso nelle ultime gare.
Ma anche per lui il cambiamento c’è stato, ed è pure importante. Dalla Bundes alla Serie A, dallo Schalke alla Juventus; è il primo statunitense a vestirsi di bianconero (non che poi in Italia ce ne siano stati tanti, qui li abbiamo raccontati tutti), aria di una trasformazione che il calcio sta vivendo giorno dopo giorno, mese dopo mese.
American dream?
In Europa, gli americani a essere decisivi sono sempre di più: Pulisic al Chelsea, per esempio, sta provando a vincere la Premier; a Barcellona c’è (con doppio passaporto: è anche spagnolo) il giovanissimo De La Fuente; in Germania c’è, per dirne uno, Chandler all’Eintracht; in Francia Tim Weah, figlio di George. Sono solo pochissimi esempi: in realtà sono molto di più.
Stanno vivendo il sogno americano ribaltato. Un cambiamento, questo sì, davvero epocale. Calvino parlava soprattutto della tecnologia. Qui il piano è un po’ spostato. Weston intanto sorride e si abbraccia con i compagni: al gelo dello Stadium ha rotto davvero il ghiaccio con la Serie A. E derby fu.