Sfruttamento commerciale o semplice evocazione? Il caso è davvero particolare e apre un precedente storico. I protagonisti della controversia sono due: Dolce & Gabbana da un lato, Diego Armando Maradona dall’altro. Due colossi. Il caso: nel 2016, durante una sfilata del marchio D&G a Napoli, una modella aveva indossato una maglia azzurra, con il numero 10 e il nome del Pibe de oro. Idea, questa, piuttosto evocativa, soprattutto vista la location dell’evento.
Vinta causa da 70mila euro
E benché quel preciso capo non fosse mai stato messo in vendita (era solo un elemento decorativo e propedeutico alla sfilata), la domanda che Maradona si è posta è stata: “È possibile che quel nome abbia contribuito al buon esito dell’operazione commerciale?”. Secondo il Tribunale di Milano, la risposta è sì. Con una sentenza emessa il 9 dicembre 2019, Maradona (assistito dagli avvocati Correa, Tigani Sava e Albano) si è infatti visto riconoscere un risarcimento di 70mila euro per sfruttamento indebito del suo nome, considerato come azione parassitaria “dell’altrui notorietà”.
"Veicola suggestioni di fascino storico"
In sostanza, il nome di Maradona è diventato una leggenda, e per poterlo usare sarà ora necessario un permesso speciale da parte dello stesso Diego Armando, anche senza l’immagine o la presenza dell’ex giocatore (cosa che avviene con altre aziende con cui ha firmato un contratto, come Puma, Konami o Hublot). Da cognome a una sorta di marchio registrato, quasi come quello di Cristiano Ronaldo e quel CR7 noto in tutto il mondo. Il nome di Maradona, si legge nella sentenza, “veicola […] particolari suggestioni di fascino storico e di eccellenza calcistica”, e dovrà essere quindi usato con grande attenzione. Un’opera d’arte, insomma. Come quando giocava.