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Data: 10/10/2016 -

Juventus, Marchisio raccontato dal papà Antonio: "Infortunio? E' stata la prima volta che l'ho visto piangere"

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Lo scorso 17 aprile il "crack": rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro.  Claudio Marchisio non si scorderà per lungo tempo di quella data che gli è costata l'Europeo e sei mesi di calvario. Il rientro adesso è vicino ma il padre-agente del centrocampista azzurro non dimentica quei momenti terribili:

"E' il più brutto che ho visto trascorrere a mio figlio" - si legge nelle pagine di Tuttosport - "Ero allo stadio  e capii immediatamente che Claudio si era rotto il crociato del ginocchio. La prima immagine che mi viene in mente sono le lacrime di mio figlio a causa dei forti dolori al ginocchio quando, una settimana dopo l’operazione, ha saputo che sarebbe dovuto tornare sotto i ferri. E’ la prima volta che l’ho visto piangere. Festa scudetto? Una grossa rinuncia, ma lì Claudio è stato lucidissimo, si era già sintonizzato sul rientro in campo. Teneva alla festa, però la voglia di non rischiare ha prevalso su tutto: 'Basta che uno mi tocchi e siamo da capo. Papà, non rischio ', mi disse. Decisione saggia, da parte sua e dello staff".

Marchisio ha dovuto rinunciare anche agli Europei: "Saltare l’Europeo è stata un’altra bella botta. Lavori per due anni con un obiettivo, poi sul più bello devi guardare tutto in televisione. Sono cose che succedono nello sport: penso anche a Tamberi, che ha visto sfumare l’Olimpiade. Lui e Claudio si sono anche sentiti. Depressione? Da padre il timore l’ho avuto, soprattutto all’inizio. Claudio, per fortuna, non aveva mai vissuto un periodo così lungo di inattività e mi chiedevo come avrebbe reagito. Si è dimostrato fortissimo. La moglie Roberta è stata fenomenale a 'sopportarlo'. E lui ci ha messo tanto di suo. A pensarci bene, non sono stupito. Se Claudio non si è depresso, è per due ragioni: la famiglia e la Juve. Si è goduto moglie e figli come non aveva mai avuto tempo di fare prima. Nella sfortuna, è stato il lato positivo".

Quando si sta fuori, si sa, si soffre due volte: "La Juventus è l’altro grande amore di Claudio. La volontà ferrea di recuperare bene e tornare il prima possibile in campo è stata una molla determinante. Non ha perso un secondo, anzi... Quando lo andavo a trovare a casa, lo vedevo sempre applicatissimo nello svolgere gli esercizi previsti dalla terapia. E’ stato una macchina: in questo ha preso molto da mia moglie. Claudio non è un chiacchierone: va interpretato attraverso gli atteggiamenti. Esempi? Quando la Juve perde s’infuria, per lui la rabbia è doppia: da giocatore e da tifoso. Negli anni ho imparato a non chiamarlo per almeno due giorni dopo una sconfitta".

Il recupero sta procedendo nel migliore dei modi: "Incrocio le dita. Lui sta bene, lo vedo felice di essere di nuovo in campo, si allena in gruppo. Però serve pazienza. Un conto è tornare con i compagni e un altro ritornare al top. Sapere quando sarà al cento per cento è una domanda da 10 milioni di dollari a cui non so proprio rispondere. Sicuramente sarà più maturo e completo: stare fuori tanto gli ha permesso di seguire molte partite da un’altra visuale, cogliendo aspetti che magari sfuggono quando sei in campo ogni tre giorni". Primi giudizi sui nuovi compagni? "Di Higuain mi ha detto che è davvero forte. E poi è rimasto impressionato dai dribbling di Pjaca". Obiettivi? Uno porta grandi orecchie: "Il sesto scudetto lo proietterebbe molto più che nella storia, sarebbe leggenda, qualcosa mai riuscito in più di 100 anni. E poi c’è quella coppetta con le grandi orecchie...".

 

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